Tra i nomi più chiacchierati nella scena rap italiana c’è sicuramente quello di lowlow. Il giovane rapper proveniente da Roma è da poco uscito con il suo secondo disco solista “Il bambino soldato”, sempre per Sugar Music, storica etichetta discografica italiana dove attualmente lowlow è l’unico rapper presente nel roster. Il disco in questione presenta diversi spunti e uno stile che attualmente non ritroviamo in molti altri rapper della scena; perciò ci abbiamo fatto una lunga chiacchierata telefonica per fare un po’ di approfondimenti sui contenuti di questo lavoro.
Partiamo dal principio: ricordo durante l’intervista alla presentazione del tuo precedente disco “Redenzione” in Sugar Music, mi dicesti che fino a quel momento avevi tutto chiaro in mente su cosa dovevi fare ma ora invece sarebbe potuto succedere di tutto. Quindi ora che esce il tuo secondo disco “Il bambino soldato” come ti senti? Cosa e quanto è cambiato?
Devo dire che mi sono già arrivate domande simili ma poste in una maniera peggiore; posta in questo modo mi fa un attimo riflettere. Da quando uscì “Ulisse” e quindi tutta la promozione di “Redenzione”, è stato un anno veramente “pazzo” dove sono successe tante cose, molte belle, ed è iniziata anche una genesi artistica di un ragazzo che ha sempre sognato e immaginato il suo percorso solista. E’ stata quindi una corsa forsennata con un sacco di cose belle, di cui faccio ancora fatica a rendermi conto perchè sono molto ambizioso e pretendo molto da me, che mi ha portato ora come ora con questo nuovo disco a prendere maggiore consapevolezza e capire che posso fare di meglio. Ho più stabilità e tutto più chiaro in mente. Per dire oggi (Giovedì 28 Giugno, ndr) annunciamo nuove date, le prime del tour, poi ci son stati singoli che avevano fatto parlare molto, dovemmo annullare delle date e per me fu un problema ma ora le dovremmo recuperare, poi verrà annunciata una nuova situazione riguardante i live… tutte queste cose per me rappresentano come dei puntini che si stanno unendo e questa cosa va di pari passo col discorso artistico: questo è un disco molto più personale dove son riuscito a far vedere determinati lati della mia personalità che prima non ero riuscito a far emergere. Traspare di più il mio cinismo, la mia ironia e anche i miei lati divertenti, basti pensare a “Basso Basso” che è comunque una canzone profonda se vogliamo; spesso far ridere è più difficile che far piangere. Questo così come anche “Bipolare”, è un esempio di pezzi dove sono uscito dalla mia comfort zone pur mantenendo la mia personalità e il mio spessore artistico e questo mi piace.
Infatti devo dire che questo appare come un disco molto più tuo anche rispetto al precedente. C’è tanta introspezione, una cosa che si trova sempre più raramente nei dischi di adesso.
Sì, sembra quasi una scelta questa cosa di mettersi così a nudo. La verità è che mi è venuta in una maniera molto spontanea e anche questo è un segnale della crescita artistica di cui ti parlavo prima. E’ come se fossi meno preoccupato e più rilassato nonostante abbia chiaro il mio percorso e la musica ne giova. Poi per me la musica non è solo la mia carriera, è tutto. La mia vita, il mio modo di vivere, la mia visione del mondo e le mie canzoni sono lo specchio di ciò.
La collaborazione di un pilastro dell’hip hop italiano come Big Fish come è nata? E come ti sei trovato a lavorare affianco a lui?
Ci troviamo molto bene anche dal punto di vista umano. Per noi è importante il lavoro, fare delle figata e alzare l’asticella. Questo ci rende affini, poi lui è dell’idea che un produttore deve tirare fuori il meglio dall’artista e infatti lui mi sta facendo sperimentare ed esplorare nuovi terreni anche a livello di tecnica. Quest’affinità artistica che c’è tra noi mi rende molto felice. Io poi son sempre stato molto al centro dell’attenzione con quello che ho fatto nella musica, soprattutto venendo da Roma che è una capitale del rap italiano dove c’è tantissimo talento, tantissima musica di successo e di qualità, ma dove è più difficile farsi un nome all’inizio e costruirsi una carriera, e forse è proprio questo che mi ha reso bravo e capace di prendere il meglio da ciò che mi circonda; e avere al mio fianco un mostro sacro, una persona che ha fatto così tanti dischi di successo come i primi dischi di Fabri Fibra in major che sono i miei dischi preferiti nel rap italiano, e che mi riconosce questa cosa di essere il più bravo a rappare in questo momento e che crede in me e nel mio progetto, è un’iniezione di fiducia veramente importante.
Parlando della scena di Roma, mi pare che fai dei riferimenti in “Sfoghi di una vita complicata 4″…
Lì in verità non parlavo tanto di scena, era più una sensazione personale. Come accennavo prima, io sono partito da Roma facendo freestyle da ragazzino e ne ho viste di cose. All’inizio partivi che te la cantavi e te la rappavi da solo: questa cosa poi ti infonde una “cazzimma” tanto da venire poi a Milano ed essere il primo rapper di Sugar Music ed entrare con le idee chiare. A Roma è più dura: fai le canzoni e le persone fanno di tutto per far finta che non esisti e questa cosa ti fortifica. Basti pensare a tutto ciò che abbiamo fatto con Honiro. Questa cosa è stata una palestra che mi ha permesso di essere come sono ora. Io poi ho sempre sognato di venire a Milano perchè non mi sono mai identificato come “rapper di Roma” cioè con una determinata collocazione geografica, penso di avere un suono e fare musica parecchio trasversale e per tutti, mi vedo più come “rapper italiano”. Quindi sì, insomma, era più un discorso di percezione degli altri quello che faccio nel pezzo, non tanto di scena.
Come in “Redenzione” anche in questo disco non ci sono featuring, non di rapper perlomeno.
La risposta spaccona che do di solito è: “Non servono”. In questo momento non c’è un artista simile a me, sono unico per ciò che faccio, per il mio modo di scrivere e per la mia direzione artistica. Con Fish stiamo facendo qualcosa di nuovo, un nuovo carrozzone e quindi per me è importante non dover salire sul carrozzone di nessuno e poter stare sul mio. Detto ciò io sarei e sono molto aperto per il futuro a collaborare e entrare in competizione con altre realtà, confrontarsi e fare cose nuove
Ci sono un paio di tracce che mi hanno colpito, dove esprimi dei concetti forti. La prima è la titletrack “Il bambino soldato” dove dici che la guerra è arte.
E’ forse la mia canzone preferita. E’ molto personale e forse quello dove esploro di più la mia comfort zone, poi mi piace molto il livello del rap di quel pezzo. Sai cosa, i primi film che ho visto da ragazzino che mi fece vedere mio padre, che è psicanalista, sono film di arti marziali. Mi interessa la metafora sportiva, mi interessa la boxe e le arti marziali, mi piace il paragone visto che io sono un rapper molto competitivo e mi piace il rap tecnico con virtuosismi e punchline, mi piace quindi il paragone competivo.
E immagino sia anche perchè vieni dal freestyle.
Infatti, io i testi li scrivo come se fossero freestyle. Veloci e d’istinto. Mi piace quindi sta metafora, questa cosa un po’ alla Eminem della top 5, dei cinque mc’s più forti e di fare tutto perfetto. Ti faccio un esempio: il discorso del timing. Quando Conor McGregor sconfisse Jose Aldo disse “Timing beats speed“. Anche nel rap, fare una rima semplice ma detta in un certo modo con quella precisa cadenza magari fa suscitare più emozioni del tecnicismo fine a se stesso o della citazione che poi non capisce nessuno. Poi il mio idolo è Mohammed Alì, quindi vedi potremmo parlare per ore e intripparci su questa metafora tra rap e competizione.
Altro pezzo che mi ha colpito molto è “Storia di una farfalla” dove fai questa metafora molto figa utilizzando la vita breve delle farfalle e spiegando che in quel poco lasso di tempo l’unica preoccupazione è volare.
Son contento ti piaccia. L’ho voluto fare perchè volevo fare uno storytelling potente senza tirare in mezzo una rapina questa volta, o comunque un qualcosa di forte e violento. Volevo usare qualcosa che avesse a che fare con la natura. Oltre la farfalla nel pezzo faccio riferimento anche alla figura della cicala, che è costretta a cantare. Io mi sento un po’ farfalla perchè ho sta cosa che devo riuscire ad aprirmi e devo volare e riuscire a splendere e questo è l’unica cosa che conta. Non conta il tempo che resti, conta ciò che fai e come ti comporti nel mentre. Dall’altro lato c’è la cicala che appunto sa cantare e basta, non può fare altro nella vita, è un lavoro. Come dice De Andrè ne Il Suonatore Jones “Suonare ti tocca per tutta la vita“. Sono queste insomma le due metafore in cui mi incarno.
Noto anche che in questo disco a livello contenutistico, i pezzi sono molto diversi tra loro. In un pezzo dici che sei il più forte, in quello dopo parli delle tue insicurezze. Sono tanti lati diversi di te presumo, ma qual è tra questi il pezzo dove ti rispecchi di più in assoluto?
“Il bambino soldato”. Secondo me io sono una persona con delle contraddizioni che lo contraddistinguono – scusa il gioco di parole, questa è una barra che ho fatto in una cosa che deve ancora uscire. Dal punto di vista artistico questo disco è il più mio, più coerente e più compatto a livello di rap. Sono anche canzoni più belle rispetto a quanto fatto prima. Secondo me poi tutte le persone egocentriche o di successo partono da una propria insicurezza di fondo che li porta a strillare più degli altri e mettersi in gioco di più, punto questo che metto molto in risalto all’interno di “Bipolare”.
Per concludere e chiudere il cerchio con la prima domanda, cosa succederà adesso? Progetti futuri?
Io non posso dirti molto, ma voglio dirti questa cosa. Quest’estate uscirà un progetto di cui non posso dirti la forma e di che si tratta, ma comunque si parla di rap e ci sarà quindi della musica. E’ un progetto comunque legato al bambino soldato ma uscirà nuova musica e tanta. Fa parte di un percorso che porterà poi ai concerti a Roma e Milano del 6 e 7 Dicembre. Ci sono tante nuove cose fighe in ballo, tanto rap di alto livello tecnico che ho fatto praticamente ora. Stay low! Presto capirete!
a cura di Francesco Gobbato
lowlow – Il Bambino Soldato