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“La mia musica in realtà non è mia, ma di chiunque la ascolti” Intervista a Pula+

“La mia musica in realtà non è mia, ma di chiunque la ascolti” Intervista a Pula+

pula

Bentornato Pula+! L’ultima volta ci eravamo incontrati per l’uscita di “Non lo so”, lo scorso disco. A distanza di due anni, cosa hai voluto mettere in questo “Featuring Pula”?

Ciao! Ho voluto mettere nel disco tutto quello che mi passava per la testa, la mia voglia e ogni mia caratteristica, fermandomi prima di classificarle come pregi o difetti.

Il disco apre con “Cerchio di fuoco”, brano in cui spieghi la tua visione sulla musica e su tutto ciò che la circonda. Ormai sono più di 15 anni che sei a contatto con questo mondo, cosa trovi che sia cambiato nel tuo modo di approcciarti ad esso?

Sicuramente per un artista è cambiato tutto. La canzone è solo una fetta di una torta e, se non sai cucinare la torta intera, nessuno ti prenderà per un pasticcere. Io sono cresciuto con l’idea che essere un musicista equivalesse a fare canzoni, ora il concetto è molto più ampio. Sei un personaggio prima di essere un musicista. Sei un personaggio che fa musica. E non è per forza negativo, perché io non sono mai contro le evoluzioni. L’evolversi delle cose è la natura di questo mondo. A volte, però, per qualcuno può essere più difficile cimentarsi in tutti questi cambiamenti, in special modo se il mondo come l’hai conosciuto era un altro. Faccio un altro paragone: se vuoi la Ferrari del tuo vicino, o cerchi di rubargliela in ogni modo, rischiando tutto, faccia compresa, oppure lavori sodo per sperare di potertene comprare una pure tu. Io poi, sono ancora più fuori da questo discorso, perché le Ferrari non mi piacciono. Preferisco le macchine grosse e goffe.

“Il freestyle del freelance” decide di mettere alla portata di tutti la vita privata di un artista, in questo caso la tua. In un momento in cui molti artisti preferiscono “apparire” più che “essere”, raccontare la propria normalità diventa quasi un episodio particolare.

Ma anche il mestiere del musicista al 100% è un mestiere normale. Hai doveri, guadagni e spese come tutti. La concezione dell’artista anni ‘70, tutto fatto che sta in limousine tutta la notte, è una visione anacronistica. Oggi è un lavoro e ti fai anche un grandissimo culo. Quindi la normalità è ovunque, anche nel mestiere dell’artista, e la mia è divisa tra due lavori che amo fare: la musica e l’art director. E non sono mai riuscito a scegliere quale dei due abbracciare completamente, per ora. Poi, sai, chi ascolta la nostra musica lavora in ufficio, o in negozio, o comunque ha dei clienti, dei capi… È giusto fargli sentire che non sono soli.

Questo disco, forse più di quelli precedenti, sembra una raccolta di vari racconti, in cui al centro ci sono Andrea e Pula, forse addirittura più il primo del secondo. Questo ti ha permesso di creare un collegamento più “intimo” con i tuoi ascoltatori?

Spero e credo di sì. Era un obbiettivo non voluto, ma ben accolto. Il mio era un semplice desiderio di fare un disco come se “dovessi morire domani”. Per me la musica è questo, non so davvero viverla in altro modo. Il contatto che ho con me stesso quando scrivo, è spietato, non accetta regole o tecnicismi. Io cerco solo di seguire il flusso, cavalcare la mia onda. Poi sono convinto di una cosa: per quanto mi riguarda, so che una mia canzone può funzionare, quando, una volta finita, la riascolto e mi imbarazzo. Se riascoltandola non provo imbarazzi o piccoli disagi, so di non aver detto tutto. 

Rimanendo in tema di ascoltatori e supporter, il progetto con “Musicraiser” è stata una bella scommessa, vinta prima del previsto e, immagino, con grandi soddisfazioni. Cosa ti ha portato a volerti liberare di tutto e provarci in maniera indipendente?

Quello di cui ti parlavo prima. La voglia di liberarmi completamente da tutto. Sia dalle cose brutte che da quelle belle. Io sono fatto così: a un certo punto devo riazzerare e partire, questo mi dà davvero stimoli forti. Poi volevo dimostrare a me stesso, una volta per tutte, che la mia musica in realtà non è mia, ma di chiunque la ascolti. E il crowdfunding è proprio questo, fare un progetto insieme con i tuoi supporter, per viverlo come un progetto comune.

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Domanda un po’ particolare: se Pula+ non avesse trovato la sua strada artistica nella musica, in cosa si sarebbe buttato?

Più che altro, direi da cosa mi sarei buttato… da un ponte. 

Qual è la cosa che ti mette più paura nel mondo della musica? E quale, invece, ti suscita più emozioni?

La moda mi mette tanta paura, perché non so seguire le tendenze. E se esistessero solo quelle, sarei tagliato fuori. Mi emoziona, al contrario, la musica senza tempo, quei testi infiniti, cioè che non smettono di vivere tra un mese. La musica è la colonna sonora della vita, ma per davvero. È la cosa che penso sempre quando scrivo e quello che cerco sempre quando ascolto. Per la mia vita voglio solo la musica migliore per me.

Credo che “Diego” meriti una menzione speciale. Sia il testo che il video sono molto particolari, ti va di parlarcene?

“Diego” parla del casino che si scatena dentro di te (dentro di me), quando sei nell’età in cui potresti avere un figlio. Deciderlo è da coraggiosi, perché vorrebbe dire anche lucidamente che hai deciso anche un’altra serie di cose: che sei diventato grande, che vuoi condividere le tue ore, i tuoi guadagni e i tuoi sogni con un’altra persona, che sei pronto a essere sempre in prima linea ma non per te. Avere un figlio è un desiderio di molti, che inizia a svanire paradossalmente proprio quando lo si può realizzare. Ma un figlio è in grado di cambiarti qualsiasi cosa nella vita, quindi programmarlo serve fino a un certo punto, perché quando arriverà ti ribalterà comunque tutto. Tanto vale lasciare anche una percentuale della cosa al “caso” (che poi non esiste). 

Nel disco ci sono parecchi momenti in cui fai “a pugni” con te stesso, come se costruissi un ring in cui far incontrare e scontrare diversi tuoi lati, come ad esempio in “Il cattivo”. Raccontare le proprie paure è un modo per affrontarle e, in qualche modo, esorcizzarle?

Entrambe le cose. Più che altro per accoglierle, dare loro il giusto peso e l’importanza che si meritano. Le paure sono come persone inattese che bussano alla tua porta. Lo fanno solo per far sentire la loro presenza, ma in realtà quando vai ad aprire, raramente trovi la paura lì ad aspettarti.

Esiste anche un aforisma sul genere, di Goethe, poi utilizzato da Martin Luther King: “Un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio si alzò e andò ad aprire e vide che non c’era nessuno”.

Ti ringraziamo moltissimo per la tua disponibilità e ti facciamo gli auguri per il disco e per le prossime date!

Grazie a voi come sempre! Alla prossima.

Simone Giorgis


Chi vuole può trovare le date dei live sulla pagina Facebook di Pula+ a questo link: https://www.facebook.com/pulaofficial/?fref=ts




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