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Intervista a Lowlow sul nuovo disco “Redenzione”

Intervista a Lowlow sul nuovo disco “Redenzione”

lowlow redenzione

“Per me il rap è fare una strofa migliore di tutte quelle sentite prima”.

Il giorno 13 Gennaio è uscito il nuovo disco del giovanissimo rapper Lowlow, “Redenzione”, pubblicato dalla storica etichetta italiana Sugar Music.
Con l’occasione siamo stati invitati negli studi Sugar a Milano per fare quattro chiacchiere col diretto interessato su questa sua ultima fatica e capirne meglio il background.

Veniamo accolti dentro una saletta nella sede dell’etichetta dove il rapper romano si presta molto disponibile a rispondere a tutte le domande nostre e degli inviati delle altre testate di settore.

Si inizia parlando della scena romana: “La scena romana c’è ed esiste. Roma è una grande fucina di talenti. Io però personalmente mi sento un romano atipico; ho sempre avuto il mito di Milano, sono cresciuto ascoltando i Club Dogo e perciò una mia prerogativa fissa, già dai tempi di 21 Motivi, era di fare qualcosa che non fosse etichettatile come un qualcosa riguardante solo la scena romana. Poi secondo me un artista è artista se si evolve e a me non piace la staticità quindi anche con questo disco voglio fare qualcosa di non prettamente “romano” o per la scena di Roma, ma che arrivi a un pubblico molto eterogeneo.”

Quando gli viene chiesto a cosa fa riferimento la “Redenzione” di cui si parla nel titolo dell’album,spiega: “La Redenzione nasce da un mio cambiamento. Io ho avuto un modo di promuovermi in passato molto particolare, alla Mohammed Alì, sullo stile “Io sono il migliore”. Ora un po’ per bravura un po’ per fortuna la mia vita è cambiata in meglio e io sono cresciuto, quindi Redenzione è anche un po’ questo: io ho strillato al mondo il mio pensiero e la mia propaganda e ora che sono maturato posso concentrarmi ad andare più a fondo con le mie canzoni.”

Si passa poi a parlare del disco in sè, iniziando con l’osservare la tracklist, quasi del tutto priva di featuring di altri rapper e gli chiediamo se questo simboleggia un voluto distacco dalla scena, visto che poi tutto l’album a livello di sound e tematiche si discosta molto da ciò che va di moda oggi. “Sai, per me è tutto molto naturale. Io mi rendo conto che ciò che sto facendo adesso è molto diverso e credo che sia anche la fortuna delle cose che stanno uscendo adesso, perché è tutto nuovo. Io ho avuto in questo periodo la fortuna di firmare per una realtà come la Sugar che mi ha permesso di realizzare il progetto che avevo in mente da quand’ero ragazzino. Era il mio sogno uscire con un disco così. Secondo me non sto facendo nulla di trascendentale, io sto portando il mio rap e la mia qualità a un livello, secondo me, superiore in modo da potersi estendere e arrivare a più persone. Non c’è nessuna strategia dietro, è tutto molto più naturale di quanto sembra, poi io venendo dal freestyle sono molto istintivo. E’ come se sapessi quello che devo fare in questo momento, l’ho immaginato per troppo tempo sotto la doccia per non sapere cosa fare ora.”

Ovviamente leggendo le descrizioni di certe tracce, sentendo gli argomenti trattati in questo nuovo disco non si può non chiedergli l’importanza di Eminem nella sua crescita artistica. “Tantissima. Per tutta una serie di motivi. Tralasciando il discorso tecnico, per me il rap è fare una strofa migliore di tutte quelle che hai sentito prima. Ogni cosa che faccio io ti deve “uccidere” ed è questo che mi ha passato Eminem, il “killer instinct”. Io poi non vengo da una realtà come la sua, mi son dovuto autosuggestionare, ma andando oltre questo Eminem ha la capacità di far sì, col suo vissuto e intensità, che quando sento un suo pezzo mi sembra di parlare di rap con un amico mio, mi sento meno solo perché capisco quello che fa, capisco che ti voleva stupire con un determinato incastro e mi sembra di interagire con lui. Per me è stato proprio il primo modello di riferimento. Mi sono sempre sentito come il cugino brutto di Eminem…finché non sono dimagrito! Ora sono il cugino bello (ride, ndr).”

Ovviamente gli chiediamo cosa ne pensa della scena rap italiana e del momento florido che sta vivendo: “Penso sia in un gran bel momento ora, sento che ci sia ora per la prima volta la possibilità di fare un disco ambizioso arrivando a tante persone senza scegliere la via più facile e vedo anche più apertura mentale che porta a collaborazioni che non ti aspetteresti e a unire diversi generi. Inoltre una cosa che mi piace molto è che ora c’è un retaggio di rapper della mia generazione che stanno approfittando del momento per prendersi quello che li spetta. Io seguo il rap da quando ero ragazzino e ho visto che c’era sempre un grosso movimento, ma prima era presente anche un certo “oscurantismo”. Ora invece sappiamo cosa c’è, siamo tutti sulla stessa linea a cercare qualcosa che stupisca e il livello si sta alzando infatti, sia il livello lirico, sia il livello di estetica dei video, ma anche la comunicazione in tutte le sue accezioni.”

Concludiamo chiedendoli un riepilogo sulla sua carriera e come vede il suo futuro. “Sempre collegato al discorso dell’artista che cambia, io sono contento che sono riuscito a sconfiggere l’effetto “Era meglio prima”, perché ho alzato il livello e sto facendo qualcosa di autentico, quindi credo nell’evoluzione. Quando ho scritto il primo “Sfoghi di una vita complicata” ero un ragazzino offeso perché a scuola gli davano i compiti di matematica (ride, ndr), in “Sfoghi di una vita complicata 2” ero un rapper più affermato, ancora di più nella terza parte dove stavo già facendo un tour. Quindi tutti i miei vecchi lavori rappresentano varie fasi della mia vita e di questi non cambierei nulla. Come dice Marra: fino a qui tutto bene.
Per quanto riguarda il futuro, “Ulisse” mi ha dato una bella dose di sicurezza, mi ha fatto vedere che c’è parecchia gente che si rispecchia nelle mie storie. Il mio desiderio è quello di affermarmi come artista nel vero senso della parola arrivando a sempre più persone senza snaturarmi, anche perché io sono uno che vuole stare dappertutto. Ti faccio un esempio: io ho sempre pensato che un artista vero possa stare nella sua camera, come può essere la mia camera a Roma con le sue pareti arancioni, e vedere tutto il mondo da lì senza doversi muovere e fare niente perché tanto un artista ha tutto in testa. Non c’è viaggio, non c’è ragazza, non c’è cosa che tenga. Ora invece ho cambiato opinione e io infatti voglio stare ovunque. A me piace giocare con le etichette e i limiti che mette la gente, io credo in quello che faccio e non ho paura a espormi sempre di più, quindi voglio vedere fino a dove posso arrivare. Io avevo programmato tutto fino all’uscita del mio disco, ora per me è una situazione completamente nuova e devo quindi vedere come muovermi, non so nulla e voglio vedere cosa succede. Sicuramente tra sei mesi sarò un’altra persona e con un’esperienza diversa.”

Francesco “Gobba” Gobbato




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