Hiphopmn

Va avanti solo chi ci crede. Intervista a Mosè COV

Va avanti solo chi ci crede. Intervista a Mosè COV

Tra i nuovi nomi da tenere d’occhio nella scena, uno dei più promettenti è senz’altro quello di Mosè COV, giovane rapper emergente di origine eritrea proveniente da Milano, più precisamente dalla periferia nord, zona Maciachini. Mosè COV non è l’ennesimo rapper che cerca di fare il pezzo autocelebrativo sul sound del momento, al contrario dà molta importanza e considerazione alla parte lirica e contenutistica del rap, scrivendo testi molto personali e intimi. Abbiamo perciò deciso di incontrarlo personalmente in modo tale da approfondire lui e la sua musica; lo raggiungiamo in un bar in zona Maciachini, in un contesto molto multietnico e di case popolari da cui lo stesso Mosè proviene.

28340321_10216155689424922_959295047_o

Iniziamo chiedendoti: come nasce Mosè COV artisticamente? Perchè COV?

COV (Case Orso Vietta) è il nome della crew di cui faccio parte, è un collettivo che racchiude molta gente tra writers, rapper, producers provenienti dai quartieri popolari a nord di Milano, ovvero Bovisa, Niguarda e Maciachini; ma ne fanno parte anche persone che non fanno musica, difatti usavamo questo nome anche per riconoscerci quando si andava allo stadio per far capire da dove venivamo. Io ero uno dei più piccoli dentro alla crew e siccome non mi facevano rappare all’inizio (ride, ndr) ho iniziato come producer facendo beats proprio per i ragazzi del collettivo. Poi andando avanti ho iniziato a sviluppare una passione per la scrittura e ho iniziato ad avere qualcosa da dire. Comunque prima di iniziare a fare pezzi seriamente ce n’è voluto di tempo, avevo iniziato, smesso e ad un certo punto ero pure entrato in un gruppo che faceva crossover…

 

Infatti volevo chiederti, parlaci un po’ di questa parentesi crossover?

Successe che arrivai in un momento che mi ero stufato del rap e decisi di prendermi una pausa temporanea. Durante questo periodo ci fu un’occasione in cui mi trovavo al vecchio Skate park di Bovisa dove suonavano spesso gruppi punk, rock e metal. Conoscevo alcuni dei ragazzi di un gruppo che doveva suonare, ma si erano dimenticati gli strumenti a casa e così mi chiesero di salire sul palco per fare qualche rima e così intrattenere il pubblico. Così sono salito e ho iniziato a fare freestyle tirando un po’ in mezzo il pubblico, ma anche prendendo per il culo la stessa band e si sono tutti gasati me compreso. Ho continuato a girare per un po’ con questa band, finché poi come tutti i gruppi ci siamo sciolti, ma comunque provai nuove esperienze e presi più confidenza a tenere il microfono in mano.

 

Sappiamo che poi sei entrato in Propaganda Records. Come è nata questa collaborazione?

La collaborazione con Propaganda Rec iniziò quando Andrew Smith Noyz Narcos si trasferirono a Milano. In particolare Andrew si interessò molto ai miei pezzi e credette in me spingendomi appunto con l’etichetta: Propaganda non cerca l’artista del momento che fa tante views sui social, cerca piuttosto chi è vero e ha qualcosa da dire. Con Emanuele (Noyz) è stata amicizia vera fin da subito, è incredibile come se ne fotta del suo status e rimanga una delle persone più umili che io conosca. Fatto sta quindi che con loro ho pubblicato “Esodo” e la loro spinta mi ha aiutato tantissimo a crescere e farmi conoscere. Nonostante ciò per ragioni mie ho deciso di proseguire il mio percorso da solo, ma comunque sono ancora in ottimi rapporti con loro. Con Ema ancora ci troviamo la sera fuori.

Quali sono le tue influenze musicali, sia in Italia che all’estero?

Io cerco di ascoltare pochissimo rap italiano in modo da essere meno influenzabile. Poi comunque ho ascoltato tante cose esterne al rap, tantissima musica elettronica, poi ho avuto pure il periodo metal/punk dove mi ascoltavo Metallica, Dream Theater, ma pure i Nirvana di cui ero mega fan. Se devo farti dei nomi in Italia ti dico Marracash: è sempre stato fonte di grandissima ispirazione e lo ascoltavo talmente tanto che quando ebbi l’occasione di incontrarlo dal vivo e sentirlo parlare mi pareva di conoscerlo da sempre, come se fosse un mio vecchio amico o un mio professore.
All’estero ce ne sono veramente un sacco che potrei dirti: mi piacciono un sacco Kendrick Lamar, Tory Lanez e pure Vic Mensa. Ma probabilmente quello che mi ha colpito e influenzato più di tutti ai tempi fu Kanye West. Inoltre da qualche giorno sto ascoltando un sacco il disco Black Panther, tratto dal film omonimo.

In una scena dove molti cercano di fare la hit trap o il ritornello catchy, tu invece dai ancora molta importanza alla scrittura..

Innanzitutto ti ringrazio! Il fatto è che ci troviamo in un momento in cui un prodotto qualitativamente valido e uno pessimo ottengono la stessa esposizione e non si distingue più cosa è valido e cosa no. Io però credo che sia ancora molto importante l’aspetto lirico nel rap: di recente ci sono stati i Grammy e nella categoria “Best rap album” erano candidati Kendrick Lamar, Jay-Z, Tyler The Creator così come i Migos. E nonostante tutto quello che ha vinto il premio è stato Kendrick che ha fatto pure un discorso sull’importanza di mantenere vivo questo genere e che va avanti solo chi ci crede. E’ giusto che un artista cerchi di lasciare un testamento, qualcosa che rimanga nel tempo, che abbia un peso e possa essere tramandato. Io nei testi faccio un sacco di riferimenti alla mia vita privata, forse anche troppi, ma per me è giusto così: voglio che chi mi ascolta si interessi e venga a chiedermi qualcosa su ciò che scrivo, non mi va di sentire i soliti props senza senso, voglio che mi scrivano “Oh ma qui cosa intendevi, di cosa parli?”

 

Parliamo ora della collaborazione Mosè COV / Fulvio Ruffert aka Ronin47.

Fulvio è un producer di musica elettronica, ha iniziato a utilizzare il nome Ronin47 per i progetti più hip hop. Lo conobbi una sera a un locale che mi fece sentire un suo beat e mi presi benissimo. Da lì è iniziata questa collaborazione ma non è solo che lui mi passa il beat e basta. E’ un lavoro a quattro mani, lui mi passa una base, io ci aggiungo qualche suono, gliela rimando e via così. In studio poi ci confrontiamo e ci scanniamo per qualunque cosa. Credo sia molto importante lavorare in questo modo.

 

Concludiamo chiedendoti quali sono i tuoi progetti futuri? Possiamo parlare di un album?

Sul disco è ancora tutto top secret (ride, ndr). Comunque dopo il singolo “L’ombra di Londra” sto per far uscire un nuovo singolo, dove lo stile è un po’ diverso. Credo sia un misto tra “Come si fa” e appunto “L’ombra di Londra”. Penso di poter dire che sia il pezzo più bello che ho mai fatto. Vedrete!

a cura di Francesco Gobbato Christian Scarpa




Condividi con:

FacebookTwitterGoogleTumblrPinterest

Scrivi un Commento