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Pula+ – Intervista

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1) Tre anni dallo scorso disco, un “Rest In Pula” scartato, e ora è uscito ”Non Lo So”. 
Se in “Di niente e di nessuno” si intravedeva una strada, ora questa strada è ben definita.
Credi di aver trovato definitivamente un tuo equilibrio?

Assolutamente sì, prima stavo facendo degli esperimenti con me stesso, adesso sono convinto che questa sia la mia strada. Mi sento più sicuro e più libero in quello che sto facendo, proprio per questo ho deciso di buttare “Rest In Pula”, per poter fare quello che volevo.

2) La Giada Mesi, sin dal vostro primo contatto, ti ha aiutato in questo tuo percorso?

La Giada Mesi e Dargen mi hanno spronato. Il disco “Rest In Pula”, che era totalmente rap, sarebbe dovuto uscire con una major, quindi a livello discografico avevo un successo, possiamo dire, già scritto. Ma così facendo non mi sentivo abbastanza libero artisticamente, così, a costo di rinunciare a delle opportunità, ho deciso di seguire una strada diversa. E la Giada Mesi è stata l’unica etichetta che mi ha spinto a seguire questo progetto, e questo fa anche capire la loro serietà (artistica e musicale) e l’amore che hanno per la musica.

3) In un periodo in cui ogni prodotto che esce viene immediatamente catalogato come “rap”, “pop”, “rock”, crearsi una propria realtà può attirare curiosità o far storcere il naso. Quella che hai fatto tu è una scelta molto coraggiosa, cosa ti ha spinto a farla?

Quando tu spezzi dei sistemi o delle regole, vai per forza incontro a delle rivoluzioni, e insieme devi prenderti delle responsabilità. Io ho scelto di prendermele. Chiaramente ci sono gli onori e gli oneri di questa cosa, però sentivo che era l’unica scelta da fare per sentirmi libero di fare ciò che volevo.
Inoltre, al giorno d’oggi, i generi musicali non sono molto definibili. La nostra generazione ormai è abituata a prendere tutto ciò che ci piace e farlo nostro, e io ho deciso di fare la stessa cosa.

4) Dalle tracce di questo disco traspare una forte voglia di trasmettere qualcosa all’ascoltatore in maniera diretta, senza per forza dover seguire certe dinamiche che ormai il mercato discografico richiede. Poter fare queste cose è una libertà non indifferente.

Il concetto di libertà per me è fondamentale, perché secondo me chiunque faccia musica deve avere questa cosa in testa fin da subito. La musica è fondamentalmente arte, e per fare arte devi sentirti libero. Se non ti senti libero significa che non lo stai facendo nel modo giusto.

5) La scelta di prodursi interamente il disco da solo, a prescindere dal genere musicale, è una scelta che non tutti hanno la forza di prendere. Questo ti ha permesso di dare un valore aggiunto alla tua musica?

Assolutamente sì, ad oggi per me è impossibile pensare di scrivere una canzone aspettando che un produttore mi porti la base già finita. Ormai per me musica e testo vanno di pari passo, l’una accompagna inevitabilmente l’altra.
Ora sono abituato a scrivere dei provini a casa mia, a portarli studio (in questo caso da Zangirolami) e vederli esplodere e prendere forma. Solo così riesco a rendere la canzone mia al 100%.
Nel rap a volte è difficile comprendere che la musica è importante quanto le parole, ed è importante che entrambe arrivino dallo stesso artista per valorizzare la propria arte.

6) Date le molte lodi che ti attribuiscono sempre più spesso per i tuoi testi: ti senti più scrittore o cantante? E scriveresti canzoni per altri artisti?


Io mi sento un comunicatore, poi il mezzo con cui si comunica è secondario.
Mi piacerebbe scrivere per altri, nel disco c’è un pezzo che avevo scritto per altri, che sarebbe “Pianeta Bellissimo”. Poi Dargen, che è il mio produttore artistico, mi ha consigliato di inserirlo nel disco. Infatti, se lo si sente, è uno dei pezzi che fa “strano” sentirlo cantato da me, però alla fine abbiamo scelto di tenerlo.
Comunque sia, sento che mi piacerebbe scrivere per altri.

7) Nel disco hai collaborato con artisti molto diversi tra loro, anche provenienti da altri generi , come Omar Pedrini e lo statunitense Pat Mastelotto. Come hai scelto i featuring?

Data la mia passione per il rock, ho scelto di includere nel progetto un’icona del rock italiano come Omar Pedrini. Mi piaceva l’idea di rifare con lui “Sole Spento”, un pezzo rock storico di un’importanza enorme. Semplicemente ho contattato Pedrini che, come tutti i grandi artisti, si è fatto pochi problemi. È venuto in studio e con due birre abbiamo chiuso il pezzo.
Anche se per i rapper Pat Mastelotto è un nome che non dice molto, nella storia del rock è uno dei nomi più importanti. Fa parte dei King Crimson, gruppo fondamentale per la musica, che ha inoltre contribuito alla nascita di gruppi come i Pink Floyd. L’ho contattato e senza problemi ha accettato di partecipare al brano, gli è piaciuta l’idea, anzi, mi ha inviato più provini di quanti io ne avevo richiesti. Pat è stato molto disponibile e molto propositivo. Gli americani in questo sono molto meritocratici: un musicista si rapporta con un altro musicista come fossero allo stesso livello, anche se uno è di caratura mondiale e magari l’altro no.

8) Con il discorso live come ti muoverai? Suonerai con gli strumenti?


Sicuramente d’ora in poi salirò sempre sul palco con la chitarra. Quando potremo porteremo tutta la band, o in alternativa un’altra chitarra e un dj. Ci stiamo preparando per un tour autunnale.

9) Nel corso della tua carriera la tua città, Torino, è stata più volte descritta nelle tue canzoni, un chiaro esempio è il brano Molto Tardi con Kiffa e Max di qualche anno fa. Essendo che molto spesso racconti la tua vita quotidiana nei pezzi, per te Torino è fonte d’ispirazione?


Assolutamente sì. Torino è una città obiettivamente bellissima, ti da un sacco d’ispirazione, anche solo per il fatto del fiume, a me basta vedere il fiume e mi rilasso [ride]. Anche a livello artistico c’è una grande energia e una grande tradizione. Io mi rivedo in Torino, amo Torino e continuerò a parlare di Torino.

10) Ho notato che tra “Facile” e il tuo vecchio brano “Se non posso toccarti almeno ti penso” del 2007 ci sono dei punti di contatto, specialmente nell’approccio al brano. Ad esempio, con le dovute differenze, Psyko Killa e Caneda hanno avuto un attitudine simile.


Sei veramente un grande! [ride] Ne ho parlato anche con gli altri in studio, e secondo me Caneda ha avuto la stessa libertà artistica di Psyko Killa. Quando, anni fa, chiesi a Killa di fare un pezzo assieme, lui si presentò in studio con una strofa che apparentemente si distaccava dal pezzo originale. Però capii che era il suo senso del pezzo, io lo accolsi, lo rispettai e ne feci tesoro. Caneda allo stesso modo. Ho provato a raccontargli il senso del pezzo, ma lui giustamente (in maniera molto figa) ha fatto a modo suo, e quindi anche grazie a lui il pezzo ha preso un’altra dimensione.
Infatti, in questo, Caneda in “Facile” è molto simile a Psyko Killa in “Se non posso toccarti almeno ti penso”.
Questi sono gli artisti a cui non puoi chiedere nulla, se non “ti va di partecipare?”. E poi loro faranno quello che si sentono di fare.

11) Allo stesso modo, ho notato una somiglianza, o meglio una continuazione, tra “La storia del palo” e il tuo vecchio pezzo “Brucia la strega”.


Tu sei perfetto! [ride] “Brucia la strega” è il papà de “La storia del palo”.
“Brucia la strega” è uno di quei pezzi in cui mi sono preso più libertà nella mia carriera, anche se per alcuni probabilmente quel pezzo non ha senso. Allo stesso modo,con “La storia del palo” volevo fare un pezzo che fosse un po’ pazzo, un po’ riflessivo, un po’ ironico.
Questi sono i classici brani in cui vengono raccontate le mie paranoie, e come tali non sono mai classificabili se “ironiche”, “tristi” o altro. Sono semplicemente viaggi miei che riporto nelle canzoni.

12) E per quanto riguarda i “PULAcoustic”?

Ci stiamo lavorando. “PULAcoustic” non è un progetto chiuso, quindi probabilmente non sarà un cd. È un mio progetto in evoluzione che continuerà ogni qualvolta ne sentirò il bisogno.

13) Ti ringraziamo molto e ti auguriamo buona fortuna per questo disco e per tutti i prossimi!

Grazie a voi! A presto!

Simone Giorgis




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