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Da Baggio a Bali – Intervista a Entics

Da Baggio a Bali – Intervista a Entics

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Venerdì 17 Marzo, è uscito il nuovo disco del rapper/cantante Entics, dal titolo “Purple Haze”. L’artista di Baggio (Milano) mancava dalle scene da parecchio tempo perciò un suo nuovo lavoro in uscita ha destato una certa curiosità, alimentata anche dai due singoli estratti, “Siamo noi stessi” e “Il finale”.
Perciò abbiamo colto l’occasione per fare due chiacchiere con lui riguardo il suo ritorno e questa sua nuova fatica. Di seguito potete leggere cosa ci ha spiegato al riguardo

 

Per rompere il ghiaccio, devo proprio farti questa domanda, anche se credo te l’abbiano già chiesto in molti: come mai questo periodo di silenzio e lontananza dalla scena?

In questo periodo ho fatto un sacco di cose, ho avviato una mia attività e…. ho vissuto.
Proprio perchè arrivavo da un periodo molto assiduo, musicalmente parlando, che mi ha tenuto impegnato dai 24 fino ai 28/29 anni coi tour e uscite costanti. Ad un certo punto ho deciso di fermarmi e concentrarmi sulle mie cose, anche per avere uno stimolo che potesse poi darmi qualcosa di nuovo da scrivere; insomma ho preferito aspettare di avere qualcosa da dire piuttosto che uscire comunque con un lavoro magari compromesso solo per continuare a far parte della scena e del mercato musicale. La cosa che mi fa piacere che traspare da chi mi scrive è che c’è stata una mancanza della mia roba e ciò mi appaga molto, mi ha dato la voglia di ritornare sulle scene e poi questa crescita che ho avuto, sia mentalmente sia dovuta all’età, mi ha dato la voglia di scrivere cose differenti, che poi si possono trovare in questo album in modo da dare un contributo alla scena che non risultasse uno stereotipo del mio personaggio. Insomma hai presente quando la mamma dice “Quando non hai niente da dire, è meglio che non dici niente?”. Ecco! (ride, ndr)

 

Parliamo ora proprio del disco “Purple Haze”. Come l’hai concepito? Cosa ci hai messo di diverso rispetto ai precedenti lavori? E perchè proprio “Purple Haze”?

“Purple Haze” semplicemente è stata una scelta rispetto agli altri brani. Tuttavia il pezzo che mi ha ispirato a scrivere tutti gli altri pezzi e a dettare il concept del disco è stato “Da Baggio a Bali”: da Baggio a Bali è stato proprio un percorso mio, Baggio è dove sono nato e cresciuto mentre Bali è il posto più lontano che ho mai visto al momento. Quindi diciamo che è un range abbastanza ampio nel quale possono succedere tantissime cose; ad esempio da quando sei giovane a giocare a pallone con gli amici sotto casa fino a quello che sono oggi. Ho cercato di scavare nella mia vita, senza però parlare solo della mia vita, ma cercando di trovare anche qualcosa che fosse importante per gli ascoltatori, in questo caso i miei coetanei, che sono quelli a cui volontariamente mi rivolgo.

 

E immagino sia per questo che apri il disco con “Classe 85”?

Esattamente. Mi fa molto piacere ricevere consensi da parte di un mio coetaneo che si concentra sulla musica e su ciò che dico, piuttosto che da parte di una ragazzina che ti segue perchè ti trova carino o per chissà quali meccanismi che secondo me compromettono molto la scena attuale. Nulla togliendo a ciò che sento e vedo, ma mi pare che ci sia poca sostanza nella musica; sembra che la musica sia diventata un qualcosa in più rispetto a ciò che si millanta. Nel caso di “Purple Haze” c’è la musica in primo piano e ciò si definisce già nella copertina molto minimale; c’è una scrematura di tutto ciò che non è musica e che non c’entra niente, come fashion blogger, marche, marchette ecc.
Qui c’è quello che volevo dire in maniera super genuina senza nessun compromesso.

 

Invece come hai concepito il sound generale del disco? Ho visto che hai lavorato molto con Nais e Eiemgei.

Con Nais ci collaboro da tantissimo e spesso nel nostro percorso ci siamo trovati a discutere perchè io volevo un tipo di sound ma a lui ne piaceva un altro e io gli dicevo “Fammi un sound più dancehall”. Quest’album invece è nato in maniera molto più genuina, non ci sono stati stress da parte mia sui produttori e viceversa, quindi vuol dire che io mi sono affidato completamente ai produttori che sono molto sul pezzo, guardano molto all’estero ed evolvono la loro creatività rispetto a ciò che succede nel mondo. Ho preso le basi che mi davano delle sensazioni senza per forza trovare il nesso con la vibrazione che piace a me, ma semplicemente ho cercato di farmi prendere a livello emotivo da queste produzioni mettendoci il mio contributi. Questo album lo definisco un po’ vintage perchè, oltre a tornare indietro nella mia vita, c’è un richiamo anche alla musica di quel periodo, degli anni 90. Per dire io da ragazzo mi ascoltavo un sacco i Sottotono, per cui ci sono dei passaggi che magari involontariamente li ricordano. In particolare c’è un passaggio nel disco che secondo me li ricorda molto, pur essendo una cosa completamente diversa, che si trova in “Ripresentiamoci”, dove c’è una parte molto serrata e poi si ammorbidisce quando inizia “E noi ci amiamo davvero…..”. Tormento è stato sicuramente un artista che mi ha influenzato moltissimo, uno dei primi che ho ascoltato. Ho voluto quindi far trasparire un po’ queste influenze, pur nel rispetto di ciò che avviene al giorno d’oggi nella musica. In Italia tendiamo spesso a ricanonizzare tutto: non so se ti ricordi ma negli anni 90 si diceva che il rap era la musica parlata, solo col boom-cha, ma in realtà non era vero. Se sentivi il Wu-Tang Clan, in pezzi come “Bring Tha Pain” c’erano le note! Era in Italia che l’avevamo ricanonizzata così! Io invece ho sempre cercato di rispettare la vera matrice delle cose. In sintesi se la musica hip-hop/rap/urban cambia nel mondo, siccome non ci appartiene dobbiamo stare attenti a tali cambiamenti perchè se esce Kanye West, che c’ha un suono della madonna, e io invece esco ancora col sound dei Sangue Misto vuol dire che non sono stato attento, c’è qualcosa che non va. Certo io lo faccio per l’Italia e lo faccio in italiano ma voglio che il suono sia internazionale, che se lo sente qualcuno all’estero dica “Cazzo sta roba spacca!”. Quindi perchè decidere di non adeguarsi in nome di una genuinità che si passa più tempo a difendere anzichè farla crescere?

Sei uno che ha sempre fatto un sacco di collaborazioni, eppure in questo disco ci sono solo due featuring (Fred De Palma e Panda. Come sono nate queste collabo? E chi è Panda?

Io sono stato uno che in passato ha fatto un sacco di collaborazioni, sia nei miei dischi che nei dischi degli altri, con tutti quelli che calcavano le scene nel mio stesso momento. Ora sono usciti un sacco di rapper nuovi giovani di cui molti non li ho mai visti e non ci ho mai avuto a che fare, quindi non mi sembrava il caso di chiamare qualche nome in voga della nuova generazione per avere attenzione, anzi mi sembrava un po’ macchinoso. Uno dei pochi che ho avuto il piacere di conoscere e che mi è molto piaciuto a livello umano è Fred De Palma, che mi è piaciuto invitare per questo. Panda è un altro ragazzo giovanissimo e che nessuno conosce, ma secondo me molto valido e ho voluto dargli visibilità. E’ cresciuto coi miei pezzi e fa un genere non etichettabile come rapper, fa più una cosa media cantata come me. Per il resto non ci sono collaborazioni perchè ultimamente sono molto geloso dei miei pezzi e avevo talmente tante cose da dire che non c’è stato spazio per strofe di altri. “Solo contro tutti” e “Scemo” in origine erano brani molto più lunghi, ma son riuscito a togliere qualcosa per lasciare spazio ai featuring, in modo non forzato, ma su altri brani non è stato possibile. A volte fare gli album con molti featuring è più facile, perchè vuol dire che devi scrivere di meno, ma io qua avevo scritto parecchio e mi serviva tutto lo spazio possibile.

 

Come hai accennato in precedenza, la scena hip hop si è allargata molto ultimamente, e sono finiti sotto la luce dei riflettori molti nuovi artisti giovanissimi, quelli che alcuni etichettano come “trappers” (definizione che a me non piace molto). Come la vedi questa nuova scena? Come ti ci rapporti? Cosa cambieresti?

Bravo, neanche a me piace questa definizione di trapper, denota una certa ignoranza.
Per il resto… io penso che tutto abbia un momento. E’ una domanda  delicata perchè può sembrare che io ti dica “Mi fanno tutti cagare” oppure che dica “Mi piacciono tutti”. Io ti dico che, scomponendo tutto ciò che ho visto e che vedo, ci siano diversi fattori per cui le cose vanno avanti. Già che un artista abbia voglia di mettersi in gioco ed esporsi è meritevole di rispetto perchè tante volte è difficile esporsi. Diciamo che i ragazzi della nuova scena mettono insieme tante cose che sono state passate e sorpassate prima di loro: una volta i musicisti facevano solo musica, non c’era di mezzo la moda, le marche, youtube ecc. Abbiamo avuto i momenti di quelli che uscivano dal grande fratello, il momento dei rapper che andavano in giro nelle discoteche, poi gli youtuber. Una volta che sono finiti questi mondi, questi ragazzi sono riusciti a mettere assieme tutto questo, quindi sono un po’ youtuber, un po’ modelli, un po’ fashion blogger, un po’ rapper. Hanno messo assieme una serie di cose che hanno avuto il loro corso e che stanno facendo rivivere in una maniera che magari un purista vede compromessa. Poi magari parlano di cose in cui io non mi rispecchio, benchè consapevole dell’esistenza di un target che invece ci si ritrova e alla fine i giovani sono quelli che comprano più dischi e questi spaccano tutto. Però uno non vuole neanche sentirsi dire che il rap è la musica per i bambini perchè è demotivante sentire che la tua musica non può arrivare anche a gente di quarant’anni. Perciò io credo ci sia un’artista per ogni età: alla fine c’è sempre un momento in cui sei più superficiale poi cresci e maturi, è successo anche a me. Non mi sento di giudicare nessuno di questi nuovi ragazzi; alcuni sono molto “punk” e ai ragazzi piace un sacco l’estremo: io per dire da piccolo mi ascoltavo gruppi punk come le Pornoriviste che ora sono scomparsi in una nube di niente. E molti nuovi rapper sono assolutamente punk come attitudine, tant’è che sono estremi, mettono assieme anche questo. E nel momento in cui funziona bella per loro. Il problema avviene nel momento in cui una cosa esclude l’altra, tutto può coesistere come succede all’estero. Anzi, ben venga chi mette in gioco cose nuove perchè possono essere stimolanti per chi c’è da più tempo.

Per concludere: progetti per il futuro? Un tour? O sei già al lavoro su qualcosa?

Questa è una domanda che ancora non mi avevano fatto e non vedevo l’ora che mi facessero. Nelle conferenze precedenti quando mi chiedevano se c’era un tour e io non avevo ancora date chiuse mi sentivo di dire “Mah si suoneremo, sicuramente avremo date ecc ecc.” No, ora come ora non ho date del tour perchè questo disco serve appunto per girare e farmi ricominciare a suonare perciò spero che vengano fuori delle date ahaha (ride, ndr). Non mi sento di dirti cazzate tipo “Sì, minchia suoneremo di brutto! Tutta l’estate in giro!” Speriamo che questo disco ci faccia suonare, anche perchè dischi non se ne vendono più quindi andiamo a prenderci un po’ di cachet nelle date che se no finiamo nelle roulotte (ride, ndr).
Per il resto spero che l’album mi riposizioni. Io ce l’ho messa tutta per fare una roba genuina, tuttavia non è una cosa che ostento: se così non dovesse essere, bella per chi da questo lavoro riesce comunque a tirar fuori delle emozioni e va bene lo stesso. Ma so per certo che c’è gente che sente la mancanza della mia musica e spero che si senta appagata e spero che arrivi la mia musica laddove non arrivano i live, le marchette, le pubblicità ecc. e se un mio amico sente il disco e mi chiama e mi dice “Cazzo hai parlato di Baggio e cose che vivevo da piccolo” per me è super soddisfacente ed è ciò da cui mi aspetto di più, poi se con questo si può anche lavorare ben venga.

 

Francesco “Gobba” Gobbato




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