Diamo il benvenuto su HipHopMN ai Flot A Flow! Partiamo con la domanda di rito: chi sono i Float A
Flow?
Grazie mille per lo spazio. Float A Flow è una boy band che viene dall’anno 3017 per salvare il futuro della terra. Scherzi a parte, siamo D.one, Neos, Gsq e Karlino e abbiamo fondato questo gruppo nel 2015 con l’intenzione di fare musica per divertirci e, se il prossimo allineamento dei pianeti ce lo permetterà, anche per farla diventare una professione.
Avete tutti quanti radici salentine: quanto incidono le vostre origini nel vostro sound? La scelta di inserire
nel disco tracce con sound salentino è stata voluta o il tutto è nato spontaneamente?
Siamo grandi appassionati di reggae e ovviamente anche di quella che è stata la scena reggae salentina, così come gran parte dei ragazzi e delle ragazze della nostra generazione. Qui in Salento negli anni 90 non esisteva un confine netto tra la scena reggae/raggamuffin e quella hip hop; tutti gli stili si combinavano tra loro e molti sono stati i gruppi nati da questo spirito. Basti pensare alle crew storiche come Isola Posse, nata a Bologna e inizialmente legata sia al reggae che all’hip hop, tanto che gli stessi fondatori avrebbero dato vita al Sud Sound System e dei Sangue Misto, che non hanno bisogno di presentazioni. Quindi sì, l’influenza del reggae salentino nel nostro disco è presente ed è venuta spontaneamente.
Fra i featuring e le collaborazioni del vostro album spicca la presenza del trombettista Gabriele Bandini,
partecipazione che fa virare il disco su un sound Funk. Com’è nata questa collaborazione e come mai
avete deciso di inserire in un disco un trombettista (musicista che storicamente viene associato raramente
a tracce rap)?
Gabriele è un amico oltre che uno stimatissimo trombettista che ormai da qualche anno gira il mondo in tour con la leggenda vivente Manu Chao. Karlino milita come Mc nella band funky di cui fa parte anche lui, i Bundamove, perciò la collaborazione era quasi d’obbligo. Sapevamo che avrebbe potuto dare l’apporto giusto ad alcune tracce del disco, essendo un musicista molto versatile, avendo già collaborato in decine di album di successo, ultimo dei quali “Gentleman” di Guè Pequeno, ed effettivamente il suo contributo ha impreziosito l’album con un sound fresco e stiloso.
Parliamo ora del pezzo “Ultima Scena”: qui fra le barre spicca la frase : “Non parlo male, parlo come mia madre mi ha fatto, tu in base a quanto previsto dal contratto, ma quanto parli? Tanto! Mi sa che l’anno prossimo ritorni all’underground perché ad amici ci va un altro”. Chiarissimo riferimento all’andazzo generale che sta spopolando negli anni, cioè artisti fatti col copia incolla con una scadenza annuale in quanto i talent show ogni anno sfornano decine di artisti che raramente riescono ad affermarsi con un percorso personale fuori dai riflettori. La domanda è: siete favorevoli o no ai talent?
Noi pensiamo che se ti piace fare musica devi creare le connessioni con altre persone a cui piace fare musica e farla insieme. La notorietà, il successo, i soldi e tutto il resto vengono dopo e soprattutto non sono gli elementi essenziali per la ricetta. Il controsenso è voler diventare qualcuno subito e a tutti i costi, anche snaturalizzando completamente la propria arte in base a canoni stilistici imposti dal mercato, canoni che cambiano settimanalmente. A 16 anni non puoi andare ad Amici, devi andare a scuola, studiare, creare il tuo gruppo, la tua band, e suonare e suonare e suonare. I talent sono una scorciatoia, sì, ma alla fine del tragitto potresti non aver imparato niente, diventando facilmente cibo per l’industria discografica e pubblicitaria.
A proposito di scena: come pensate che muterà il panorama del rap italiano, e c’è qualche nome
mainstream che apprezzate a dispetto delle fabbriche di talent?
In Italia c’è gente che fa bene il suo, sia in ambito underground che in ambito mainstream, se queste categorie hanno ancora senso di esistere. Negli ultimi anni molti giovanissimi si sono avvicinati al rap anche grazie ad artisti più commerciali, vedi il caso Fabri Fibra, che hanno fatto da apripista a tutti gli altri. Questo è senza dubbio un bene, rende un certo modo di fare musica più familiare, in un certo senso prepara il pubblico. Tuttavia è ancora difficile emergere per chi vive lontano dai centri nevralgici come Milano, probabilmente per la mancanza di strutture, di promoters, di qualcuno che investa scommettendo sulle realtà provenienti da altre parti d’Italia e che propongono un sound alternativo a quello più diffuso. Ma alla fine si tratta anche di essere educati alla musica, all’ascolto, all’acquisto dei dischi e al supporto degli artisti, cose che vanno molto oltre il selfie con il mito del momento…
Come nascono le vostre canzoni? C’è un modus operandi che usate come approccio oppure vi fate
guidare dall’istinto? C’è una canzone di From Another Future alla quale siete più affezionati?
Non c’è un modus operandi stabilito che seguiamo sempre. A volte siamo insieme a fare freestyle e ad annotare le idee che vengono fuori spontaneamente. Spesso capita anche che qualcuno abbia un’idea, scriva una strofa o un ritornello e la comunichi subito agli altri con un messaggio vocale su whatsapp. Comunque di solito partiamo dall’ascolto dei beat che produce Gsq, registriamo dei primi take, delle bozze, poi aggiungiamo, togliamo, modifichiamo finché non siamo soddisfatti. Difficile dire a quale canzone siamo più affezionati, ognuna è diversa e ha una sua ragione di esistere. Ma probabilmente una delle canzoni di cui siamo più soddisfatti è Travellin, con Vincenzo Destradis al ritornello e Gabriele Blandini alla tromba. Quando la ascoltiamo è quasi difficile convincerci che sia davvero una nostra canzone!
Hip hop classico e di classe con sonorità chill molto ‘fresche’ che non sanno affatto passare inosservate. Quanto c’è di campionato e quanto di composto oltre la splendida collaborazione con Blandini? Come vi ponete nei confronti della maggior parte dei giovani d’oggi e di chi in generale pensa che il beat classico sia ormai da lasciare al passato?
Per comporre le basi Gsq parte sempre da un campione. Nel caso di From Another Future abbiamo voluto far suonare degli strumentisti in molte tracce per arricchirle con melodie ad hoc: c’è Max Ingrosso alle tastiere, Guido Carlino alla chitarra elettrica, oltre che Gabriele Blandini alla tromba e Platfotm e Pieffe agli scratch. Chi dice che il beat campionato sia da lasciare al passato è ignorante. Ascoltatevi l’ultimo disco di Dj Khaled, pieno di hit a livello mondiale. Moltissime delle sue produzioni partono dal campionamento. Come la mettiamo?
L’intervista termina qui, grazie della disponibilità! Salutate i lettori di HipHopMN e lasciate i vostri
contatti.
Grazie ancora a voi per lo spazio concesso. Speriamo che i lettori siano incuriositi e diano un ascolto alle nostre produzioni. Aspettiamo i commenti di tutti. Potete trovarci su tutti i social semplicemente cercando FLOAT A FLOW, potete ascoltare il nostro disco “From Another Future” su Spotify e acquistarlo su iTunes e in tutti gli store digitali, oppure se lo volete in copia fisica basta scrivere a floataflowcrew@gmail.com e ve lo spediamo ovunque siate!
FAF