Le parole hanno un peso – 22 anni di Colle – Intervista a Masito
Questa intervista è in collaborazione con Ugo Yugghy Sartor che ci ha messo in contatto con Masito.
Iniziamo con una premessa: un Mc è il proprio aka. In questo caso all’origine La Beffa poi Masito Kong, Masito Fresco, Masito Boy, ora Deep Masito.
Esiste però l’uomo, la somma o meglio l’origine di tutti questi aka.
La materia prima di un Mc sono, appunto, le parole. Masito, oltre a questo, è anche writer, calligrafo, logo designer, insomma, un mondo di lettere che creano universi.
Spesso le interviste vertono su argomenti che vanno al di là delle parole scritte nei pezzi. Cercando si può trovare di tutto sul Colle Der Fomento ma raramente accenni sui significati delle loro strofe.
E da qui vogliamo partire, prima che esca (ma uscirà?) il disco nuovo. Riguardare questi 22 anni per scoprire (forse) cosa ci aspetta.
Benvenuto su HipHopMN Masito! Per rompere il ghiaccio: hai qualche aneddoto particolare sugli inizi?
Masito: Ciao a tutti, tantissimi aneddoti e non so quale scegliere; uno comico riguarda i graffiti, ho iniziato a dipingere intorno al 1988 e visto che nel mio quartiere sul muro c’erano solo scritte politiche o sul calcio pensavo di essere l’unico a Roma a fare graffiti :) in effetti in quell’anno non c’erano tanti writers ma non ero certamente l’unico! La scena era già presente in alcune figure chiave come Crash Kid o IceOne ma anche molti cani sciolti che scrivevano nei quartieri di appartenenza e tutto era ancora scollegato.
Il Danno e la Beffa. Quanto mi piacque questa accoppiata la prima volta che la sentii. Il pezzo era “Non ci sto rmx” sulla compilation “Nati per rappare 2” dove c’erano Articolo, Sottotono, Radical Stuff, Sangue Misto, tutti gruppi poi sciolti. Il Colle invece è ancora lì. Scoprii poi che la versione iniziale era diversa non solo nella base ma anche nel testo. Una cosa particolare questa no? Di solito si tende a rifare il pezzo sulla base nuova.
Masito: In quel periodo (1994) stavamo in fissa con i beats veloci tipo 100-120 BPM e ci piaceva il rap veloce alla Rakim o alla Big Daddy Kane e le metriche super veloci ma cominciavamo a conoscere il suono dei Cypress Hill lento e pesante e ci piaceva anche quello. IceOne ci ha proposto un beat lento e ci è piaciuto molto da subito ma avendo una grossa differenza di BPM abbiamo preferito riscrivere la strofa quasi da capo, diciamo che la prima versione di “Non ci sto” è stata la versione più ludica sulla fattanza mentre il remix è un pelo più argomentato e associa l’ argomento fattanza al non voler stare in certi schemi della società e andare contro corrente.
“Credevi di fermarci stando lì in poltrona”, questa strofa mi fece scattare un click nel cervello. E ancora oggi mi fa pensare che se devi fare una cosa ti devi muovere. La rivoluzione dal letto alla John Lennon non mi ha mai convinto. Che cosa pensi a riguardo?
Masito: L’Hip Hop si nutre delle energie delle nuove leve e dell’esperienza dei più maturi, non si costruisce nulla stando immobili anche se a volte l’inattività serve eccome, serve a pensare, a guardarsi dietro e vedere cosa può essere migliorato. Noi a Roma abbiamo sempre costruito, abbiamo cercato di incoraggiare i nuovi quando abbiamo visto talento e cercato di dare un esempio con le nostre azioni. Penso che a volte anche una cosa non fatta sia una scelta e quando diciamo si o no a qualche proposta scegliamo una strada e nello stesso tempo la indichiamo agli altri.
Ti è mai capitato che ti dicessero “Non sei più quello di Odio Pieno”?
Masito: Si mi è capitato una volta sola e non mi ha offeso affatto, anzi mi ha incuriosito, conosco i pareri di quelli che stimo e sono fondamentali nella scena Hip Hop Italiana. Credo di essere molto meglio adesso come rapper del 1996, niente è per sempre e chi resta sempre uguale non si è evoluto, peggio per lui.
“Un massiccio sa distinguere ed è l’importante” (“Quello che ti do” – OP). Valeva nel ’94, è ancora così? Cosa vi faceva allora e vi fa oggi distinguere dal resto della scena?
Masito: Il Colle ha un suo suono, un modo di mettere le parole e usare i concetti, sia live che sul disco e chi ci segue lo sa bene, non puoi paragonarci a nulla sia del passato che del presente; questa è una cosa che mi piace di noi, siamo quasi un genere a parte! :)
L’ultima frase di questo pezzo, ovvero “Massimo non crede più e non è facile, cercheranno qualcun altro un po’ più duttile”, mi ha molto colpito quando la sentii la prima volta. Sembra quasi una profezia di ciò che è stata poi la storia dell’HH italiano, dove i duttili sono stati, a mio parere, moltissimi. Avevi circa 20 anni allora e ne sono passati altrettanti. In cosa non credevi più?
Masito: Parlavo della delusione, la delusione rispetto alle persone che ti circondano, come tutte le cose che scrivo vale sia per la mia vita privata che per il mondo dell’hip hop, cerco sempre di trovare il nesso tra le due cose, due mondi che spesso sono lontani. Stupisce anche me che a quell’età avevo già certe amarezze in testa, scherzavamo tutto il giorno ma quando scrivevamo dovevamo essere seri, da lì in poi è stato sempre così…
Ho sempre apprezzato che in tutti e tre i vostri album ci siano i booklet con i testi di ogni traccia. Per me è fondamentale, perché gli album vanno vissuti a lungo, riesco a dire di aver assaporato a pieno un progetto solo se è stato in auto per un annetto circa e se nel frattempo ho imparato i testi a memoria. Ultimamente i rapper fanno uscire tre dischi all’anno e i booklet sono pieni di fotografie. Secondo te perché ha preso piede quest’usanza? I testi non dovrebbero avere tanta importanza ora quanta nel passato?
Masito: Noi abbiamo conosciuto la musica con i vinili e le cassette e i testi sono importanti, ascoltavamo dischi di musica internazionale e varia mentre i ragazzi di oggi la prima musica che conoscono a quattordici anni è il rap italiano e spesso non ascoltano neanche il rap americano…non se po proprio fa il paragone! Poi il fatto principale è la fame di sapere, cercavamo cose…oggi che è facilissimo ottenere tutto si perde il gusto, la gente è svogliata e viziata dal web.
In “Solo Hardcore” di OP scrivi: “soltanto una vetrina come esca”. In “Occupy all mics”, quasi vent’anni dopo scrivi “fashion rap una vetrina, una latrina” oppure in “Io non sono qui”: “mondo che scintilla, cuore smart e diamanti, copre le miserie con le fuoriserie e luci abbaglianti”. L’esteriorità non t’interessa, questo mi sembra palese. Si può vivere senza o bisogna comunque farci i conti?
Masito: Sono un esteta più di loro, sono un grafico pubblicitario, un calligrafo e un designer; il bello mi piace e lo ricerco continuamente…ma non per me, per quello che produco; l’esteriorità conta tantissimo in questa società, per me conta il risultato cioè “se sei bello sei bello, ma che sai fare?” ecco, per me conta quello che sai fare!
Come nacque “Dissetante + Potente”? Forse uno dei pezzi dove traspare maggiormente la tua attitudine, la forza di rialzarsi dopo ogni sconfitta e la consapevolezza di ciò che si sta facendo…
Masito: Era un periodo che stavo in fissa con le metriche fluide e basi funk, ho chiesto ad IceOne un beat con il campione dei Jackson Five che mi piaceva e lui ha tirato fuori quella bomba di base. Avevo da poco scritto “Tamarindo”, il mio pezzo feat Pusha, ed era uscito sul mixtape di Piotta e volevo fare una cosa simile ma ancora più veloce e quasi ballabile.
“Sorridi” è un pezzo sicuramente dedicato ad una certa persona. Rimango impressionato dal fatto che si adatti perfettamente anche all’attuale premier. “Mi parli del nuovo ma vedo sempre gli stessi” dice Simone. C’è un muro di gomma che impedisce a questo paese di essere migliore rispetto a quel che è?
Masito: Quello che è arrivato dopo è peggio ancora e il paese Italia non cambierà mai…poi ora col web hanno trovato un nuovo modo per inculare la gente, gli fanno dire quello che gli pare sui social così si sfogano ma poi loro fanno come je pare. La capacità di attenzione è diminuita e sembra che la gente sia interessata e informata, ma non è così…l’attenzione dura pochi secondi.
In una famosa intervista del ‘99 su AL parli di Crash Kid in questi termini: “L’unica cosa che andava detta era che Crash era un king della breakdance in Italia e fuori. Era una persona che quello che faceva lo faceva da paura”. Quanto è mancato Crash a questa scena? L’anno prossimo saranno vent’anni dall’ultima apparizione di Crash ad un Rome Zoo Party. Non sarebbe una bella cosa farne uno per ricordarlo?
Masito: Ricordo sempre quelli che sono stati fondanti per la scena di Roma e che purtroppo non ci sono più: Crash Kid, Primo Brown, Mako, Mc Giaime, Breezy G.
Crash Kid in particolare, oltre ad essere il breaker che era, aveva un’indole forte e voleva unire tutti, ogni volta ci raccontava le cose che vedeva nei party in giro per l’Europa e ogni volta che ballava a Galleria Colonna (ora galleria Alberto Sordi) ci coinvolgeva nello spettacolo. L’anno scorso c’è stata una bellissima festa per ricordarlo e credo che organizzeremo altri party per lui; gli vorrei dire che oggi è successo tutto quello che speravamo, la gente che segue l’Hip Hop è tanta e lui ne sarebbe felice…Ce manchi Massimo!
“Chi sono? L’ho scritto con l’argento sopra un treno” (Ciao Ciao OP). Quanto il writing ha segnato la tua vita? Il tuo nome su un treno che gira o un muro che migliaia di persone vedranno…che sensazione dà?
Masito: I graffiti sono il primo amore e me lo porto sempre nel cuore, ancora oggi quasi ogni giorno scrivo in giro e metto tags sui mezzi pubblici, è un modo per sentirmi vivo e parte della città e mi eleva dallo stato di “spettatore passivo”; osservo ogni cosa della città e registro anche il più piccolo cambiamento, è un mezzo analogico non digitale e quindi devi farlo…non basta premere un tasto.
Ormai con Simone Danno sono più di 20, se non 25 anni, che girate assieme. Qual’è il vostro rapporto? La diversità che si nota anche sul palco (lui mai fermo tu una roccia), è questo che vi unisce?
Masito: Sì, con Simone ormai sono 27 anni che ci conosciamo, le nostre diversità sono evidenti ma abbiamo una simbiosi che riguarda gli interessi al di fuori dell’hip hop e raramente discutiamo; c’è come un tacito accordo tra di noi e il rap lo dobbiamo fare bene e seriamente, spesso ce lo ripetiamo…per noi ma anche per chi non c’è più, come Primo, nostro fratello dal giorno uno, e molti altri che ci hanno purtroppo lasciato.
Mi è capitato di sentire, dopo un concerto Good Old Boys, un tipo che diceva “Beh, Kaos è stato meglio di Danno”. Perché si è arrivati a pensare che rap=contest? Anche nelle battle di freestyle ormai é solo insulti. Non che non ami le punchlines, ma il rap è solo questo ormai?
Masito: Sì, un po’ come le figurine, pare a volte che non possono piacere due cose e si deve scegliere per forza; credo che sia emblematico di quest’epoca, con i reality show hanno imparato a votare ed eliminare qualcuno, so figli della televisione e ora di internet, cinici e giudicanti.
Restando in tema concerti: in tutti questi anni sarai stato a innumerevoli live. Quale ti è rimasto più impresso? Perché? Chi, secondo te, è imperdibile per un ragazzino che si avvicina al rap?
Masito: Mi sono divertito tantissimo alla data dell’anno scorso a Londra, non ci aspettavamo una risposta simile e anche se non c’erano migliaia di persone il locale a Camden Town era pieno, l’impianto suonava bene e la carica della gente ci ha scaldato il cuore, così abbiamo dato il massimo, è stato un live epico!
La parola cliché gira spesso nei tuoi testi. Nel senso di non essere cliché riguardo a stile, tecnica. In effetti non sei il cliché del classico rapper. Quanto è importante distinguersi?
Masito: Clichè è stato uno dei miei primi tag, avevo 16 anni e già avevo capito che bisognava distinguersi dalla massa per diventare qualcuno, ho cercato sempre di fare questo…cose che non somigliano al lavoro di altri ed evolvere il proprio stile personale, questo conta per me.
Spesso le tue frasi vengono riutilizzate in altri vostri pezzi o pezzi di altri artisti. Penso a “puoi non ascoltare” in “Solo Amore” oppure “Il rap parla dove tutti stanno muti” in “Balla coi lupi”. O anche “Più attitudine che tecnica, Masito mai skippato” da un pezzo di EGreen. Slogan che rimangono nel tempo e che influenzano altri artisti. Provi orgoglio per questo?
Masito: Sì, mi fa piacere quando usano cose mie e mi citano, ma odio quelli che rubano dalla mie metriche e con la scusa di citare riutilizzano le mie rime. Il mio stile è semplice quindi si presta come campionamento per i ritornelli, mi piacciono i concetti riassunti, cioè dire tanto in poco spazio.
Come abbiamo visto dai molta importanza alle parole e spesso le tue strofe necessitano di molti ascolti per essere comprese a pieno. Qual è il tuo metodo di scrittura? Da cosa prendi ispirazione oltre che da ciò che vivi? Lo scopo è spingere gli ascoltatori ad accrescere la loro conoscenza?
Masito: Quando scrivo ascolto il suono delle parole e lo spazio che occupano quando le pronunci, per questo alcune rendono bene a discapito di altre; cerco continuamente parole che riassumano concetti e cerco di non scrivere la rima del momento, attuale ma che presto scadrà.
“Veniamo dal basso come un gancio al mento mentre tu ridi” o il finale di “Benzina sul fuoco” ed anche in alcuni live ti ho sentito ripetere “dal basso” che è il titolo di un lavoro di Lou X e Disastro del 1994. Interpreto male? Quanto ti ha influenzato questo Mc?
Masito: Sicuramente Lou X è uno dei miei rapper preferiti in Italia, ma il concetto di venire dal basso racconta la mia storia personale e non è solo una citazione. Sono nato a San Basilio da una famiglia umile e mi sono sempre dato da fare per uscire dal fango; oggi sono fiero di quello che ho fatto, vivo sempre alle case popolari ma sono amato e rispettato dalla gente, questo è un grande risultato per me e la mia vita non è una farsa scritta sulle pagine del web per rimediare approvazioni.
“Fior de corallo, micragna e favella”, il finale Pasoliniano dell’intro di “Anima e Ghiaccio” oppure “Io vi darò tutto basta che non domandate nulla” citazione del Nerone di Petrolini. Molto nei tuoi testi parla di Roma e della romanità. Sei ancora legato alla tua città o l’abbruttimento di cui hai parlato su Twitter ti sta allontanando? Come in “Il cielo su Roma”, quella Roma che desideri è rimasta solo nella testa?
Masito: La Roma che piace a me non c’è più e neanche quei romani. Oggi vedo quella stessa attitudine negli extracomunitari, i loro figli sono romani a pieno titolo e vivono gli spazi della città ormai abbandonati dai romani che stanno chiusi in casa. Da pischello mi so divertito tanto a Roma, giravo con uno special 50 o un Ciao rosso e mi dispiace per i ragazzini di oggi, che credono di avere tutto grazie a internet, ma non hanno un cazzo, sono turisti nella loro città.
Ho notato che spesso negli stati di chi vi segue sui social “Capo di me stesso” é il pezzo più utilizzato per esprimere la voglia di indipendenza dai vincoli imposti dalla società. Tu sei arrivato a sentirti il capo di te stesso? E se sì come credo, quanto è importante esserlo?
Masito: Sempre stato schiavo o quasi, lavoro da quando ho 14 anni sotto padrone e per come sono le cose da noi vieni pagato poco, non sei messo in regola e subisci qualunque prepotenza dal tuo capo. Spesso chi ti comanda è un’ignorante fascista e ci devi pure prendere il caffè insieme e secondo questa logica dovresti imparare da lui…ad essere infame come lui. Da pochi anni lavoro come freelance nella grafica e nella calligrafia e finalmente posso dire di essere il capo di me stesso, senza garanzie per il futuro ma tanto non ne avevo neanche prima quindi so abituato.
Questo pezzo è prodotto da Don Joe dei Dogo e curiosamente è uscito nello stesso periodo in cui Kaos fece il feat con gli mcs Guercio e Fame ne “Il Sesto Senso” in “kARMA” (dove ci sono molte produzioni dello stesso Don Joe). È una coincidenza o in quel periodo i rapporti con la scena milanese erano e potevano diventare più proficui? E cosa è successo?
Masito: Non ci siamo mai frequentati e ci conosciamo di vista, abbiamo chiesto il beat a Don Joe per avere uno spettro di basi più vario possibile; ci sono arrivati alcuni beat e abbiamo scelto quello per “Capo di me stesso” perché è molto classico e ha un beat super, molto bello secondo me.
Nonostante in ogni traccia ci sia un pezzo di te stesso di Massimiliano si sa poco, sei una persona molto riservata. Ciò è necessario per scindere l’uomo dall’artista? Se sì, perché?
Masito: Nel mio quotidiano mi piace passare inosservato e non sono uno a cui piace stare al centro dell’attenzione e non faccio la vita “da rapper”, faccio la spesa al mercato, cucino, leggo e vado in bici…roba semplice, non mi sento importante, importante è quello che faccio.
Alla domanda “dammi una definizione di coerenza” quella che Kaos chiama “regina dell’HipHop” rispose: “Non la conosco, non mi interessa…non è creativa, non é vivibile, non dà frutti” (AL 45 – aprile 2000). Cos’é la coerenza secondo te? “Parlo parlo eppure sono il primo che non cambio, duro come il marmo”, “Cambiare per far sì che tutto il resto resti uguale”. Che vantaggi e svantaggi porta essere coerenti?
Masito: Più vado avanti più certe cose perdono di senso per me in questi tempi in cui conta solo il risultato; la coerenza è importante e penso che a volte anche gli artisti più solidi se guardi bene sono degli uomini mediocri anche se dall’esterno sembrano brillare; l’arte illumina le nostre vite che altrimenti sarebbero normalissime, ci eleva un po’ dal quotidiano e ci rende migliori.
Grazie mille della disponibilità. Pensiero finale sulla cultura hip hop & contatti.
Masito: Grazie a voi per l’intervista e un abbraccio a Ugo Sartor! Questa cultura è grande e per arrivare fino ad oggi ha combattuto e porta le cicatrici quindi non credo che questa moda passeggera scalfirà mai il concetto di base, lo stile e la personalità. Si parla di altri come sempre, ma noi siamo sempre qui…Forever.