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Intervista a Skuba Libre

 

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Diamo il benvenuto su Hiphopmn a Skuba Libre da poco fuori con “L’ultima Luce”. Ti chiediamo subito come sta andando l’album e se stai ricevendo già dei feedback dalla fanbase.

Ciao a tutti! “L’Ultima Luce” sta andando bene, sto ricevendo ottimi feedback e sono davvero soddisfatto di aver realizzato un disco che accompagni i miei fan nei momenti delle loro giornate. Spero che la mia musica raggiunga sempre più persone che stanno sulla mia stessa linea d’onda, e continui ad emozionarle, farle riflettere e farle divertire!

 

Partiamo dal passato remoto, sei nato negli Ira Funesta insieme a Surfa e Exo, quanto ti ha formato questa esperienza?

I primi passi non si dimenticano mai. Il primo gruppo è importante perché è sempre il primo approccio collettivo ad una nuova avventura. Insieme a loro, e a DoubleGJ che ci registrava e supportava al massimo, abbiamo vissuto gioie e dolori e siamo cresciuti tanto. Ad oggi ho bellissimi ricordi di quella voglia di fare, pura ed un po’ ingenua, di un gruppo di ragazzetti con lo stereo sempre alto che volevano spaccare il mondo.

 

Nel 2015 hai raggiunto la finale di Italia’s Got Talent, raccontaci com’è nata questa opportunità e se ti senti appagato saluti 100% dalla scelta fatta.

Al 101%, lo rifarei e non me ne pento. Mi sono incontrato con gli autori, che erano rimasti colpiti dal mio brano rap sul “Volo del Calabrone”, e da lì è stato tutto in divenire. Anche se gli artisti che partecipano ai talent non vengono spesso visti di buon occhio, io ringrazio IGT perché mi ha dato l’opportunità di portare rap estremo, assolutamente non commerciale e di pura denuncia. Non ho cantato canzoncine d’amore per ingraziarmi il pubblico, non ho parlato di me perché odio essere autoreferenziale. Ho parlato di temi scomodi che ancora adesso fatico a sentire in alcuni album di nicchia. Questa libertà per me è stata molto importante, ed è tutto ciò su cui si basa l’arte.

 

Restando in tema Italia’s Got Talent,  in finale hai rivisitato in chiave rap diversi brani classici come “Gloria” o “Ave Maria”, rivisitazione ben riuscita, secondo te il Rap e la musica classica sono un connubio che può ripetersi? Inoltre come mai hai scelto di rivisitare proprio quei brani?

Io credo che il rap, se pensato con criterio, possa andare bene su tutto. E’ un genere semplice da fare, scarno ma proprio per questo molto versatile ed efficace. Ho scelto di rivisitare questi brani perché sono ben radicati nella memoria collettiva, ma nessuno li aveva mai associati al rap. Ho cercato di creare un contrasto tra il tema classico e le mie strofe. L’Ave Maria di Schubert è diventata quindi Ave Maria Piena di Rabbia, una denuncia contro la guerra. Gloria di Vivaldi è diventata invece Sogni di Gloria, e parla appunto di tutta quella gloria che era stata promessa, invano, alla mia generazione, che fatica ad oggi ad inserirsi nel mondo del lavoro e a vivere una vita soddisfacente. Quando hai a disposizione un mezzo così potente come la TV, che arriva a chiunque, devi pensare bene al messaggio che vuoi mandare!

 

Dopo l’esperienza dei Talent hai notato qualcosa di diverso nella tua fanbase? Ti riconosci ancora nella scena rap attuale o preferisci scinderti e fare il tuo senza l’etichetta del genere musicale?

Dopo il Talent la mia fanbase si è allargata anche a persone che non ascoltano rap abitualmente, ma che si sono avvicinate al genere dopo aver sentito i miei pezzi. Gente che apprezza il mio eclettismo e si rispecchia nelle mie tematiche, persone che oltre ad ascoltare la musica cercano di assimilarla e “sentirla”. Non credo sia facile piacere a gente estranea a questo genere, proprio perché devi lavorare molto sul messaggio e trovare una via tra l’orecchiabile e l’efficace. Io mi considero un rapper a tutti gli effetti, non mi interessa come mi considerano gli altri, non prendo le distanze da nessuna scena musicale, anzi sono contento che il rap stia vivendo un momento di fortuna nelle classifiche. Penso però che ogni artista sia a sé stante, per questo cerco sempre di dare un apporto personale senza parlare necessariamente di droga, sesso e violenza.

 

Com’è nato “L’ultima Luce”? E come mai nel disco hai deciso di fare sia pezzi rap che pezzi più orecchiabili in tema pop?

L’album è nato dal desiderio di realizzare canzoni che possano arrivare a tutti. La musica è bella, è ancora più bella quando viene suonata dal vivo, ha le note, si può cantare a voce alta. E’ la missione della musica! E’ giusto quindi, secondo me, scrivere strofe potenti e incastrare rime, ma è anche giusto dare alla gente un motivo per ascoltare quello che scrivi. Cercare di arrivare a tutti è più difficile del cercare di arrivare solo a chi ascolta rap, devi lavorare contemporaneamente su due fronti!

 

Com’è nata la collaborazione con Big Fish?

E’ stato il mio produttore discografico a farci conoscere, Karl Zinny: il disco è uscito per la sua The Beat Production. Con Fish è nato immediatamente un ottimo rapporto professionale: conosce tantissima musica, ne suona ancora di più ed è un’assoluta autorità in materia. Collaborare con lui mi ha fatto crescere, perché ho potuto osservare i ritmi e l’approccio al lavoro di un gigante.

 

Che messaggio vorresti che passasse con l’ultima Luce?

Che si può credere nei sogni ed inseguire una stella anche quando intorno è buio pesto, come nello spazio più profondo.

 

Hai già in cantiere progetti futuri? Vuoi svelarci qualcosa?

Stiamo lavorando alle date del tour, per il quale suonerò dal vivo con tanti musicisti ed artisti differenti. L’obiettivo è utilizzare il rap ma dare a chi ascolta (o guarda) un’esperienza musicale completa e soddisfacente… musica che ti lascia a pancia piena!

 

a cura di Mauro Baldini

 




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