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Murubutu-“L’uomo che viaggiava nel vento” (Intervista)

Murubutu-“L’uomo che viaggiava nel vento” (Intervista)

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Oggi esce ufficialmente il nuovo disco di Murubutu: “L’uomo che viaggiava nel vento”.
Abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con il diretto interessato, che ci ha raccontato della nascita di alcuni dei pezzi più belli e della sua visione sulla scena nazionale, che ha bisogno di un aggiornamento. 

HHmn: Buona sera Alessio.

Murubutu: Ciao a tutti ragazzi.

Cominciamo con una domanda che immagino si siano chiesti tutti. 
Perché a questo giro hai scelto il vento come concept dell’album? 

Perché cercavo un altro comun denominatore che fosse facilmente declinabile come lo era il mare ne “Gli ammutinati del Bouncin”, il quale fornisce delle ambientazioni varie, ma in questo caso che fosse anche in grado di raggiungere tanti personaggi diversi da quelli del primo disco. Infatti, esso è un viandante che in qualche modo raccoglie le storie dei popoli e degli individui attraversandoli, quindi mi sembrava un buon medium narrativo per spostarmi su paesaggi diversi.

Perfetto, ma tra questo e gli ammutinati cosa troveremo di ddifferente? 

Beh, tante cose, il vento è un comun denominatore più stretto, non offre la varietà di paesaggi e tematiche che ti offre il mare. Quindi ho provato a restringere ancora di più la narrazione, infatti ho fatto un po’più fatica, però dovrei essere riuscito a far quadrare le cose.
Dal punto di vista musicale, invece, ho cercato delle produzioni un po’più varie e melodiche, infatti penso che si senta la scelta di campioni più musicali rispetto a quelli degli ammutinati.

Decisamente, inoltre si sente anche l’utilizzo di un flow molto meno violento rispetto al disco precedente. 

Si è vero.
Ci sono ritornelli anche più cantabili ed orecchiabili. Una grande soddisfazione è che i miei figli adesso canticchiano i miei ritornelli, con gli ammutinati non lo facevano (Ride).

Dai direi che è comprensibile (Ridendo).

Si dai, a parte magari “Isola Verde” sai?
Però gli altri sono decisamente più ostici da cantare.

Si, è vero.
Il titolo del disco, comunque, è un chiaro riferimento ad Angelo D’Arrigo, campione Italiano di Deltaplano, morto nel 2006. Perchè la sua storia ti ha colpito così tanto da dedicargli il nome del progetto ed anche una canzone al suo interno? 

Sai io appresi della sua morte dai telegiornali all’epoca, ma non approfondii ad essere sincero.
Quando cominciai a fare un po’di ricerca su di lui, lessi il suo libro e soprattutto quello di sua moglie, che ricostruisce un po’tutta la sua vita e le sue avventure. Ho scoperto un uomo guidato da uno spirito eccezionale, che ha fatto cose incredibili ed ha rischiato tantissime volte la vita.
Mi colpì soprattutto il fatto che lui credesse così tanto nel volo con gli uccelli, tanto da pensare di poter recuperare nel patrimonio genetico umano, quella che forse esiste, anche se in modo recondito, come una facoltà di volo che poi dopo è andata a scomparire.
Lui è l’esempio di un’umanità che sa rendersi diversa.
Pensa che adottò e cominciò a crescere anche delle aquile, che studiava nelle migrazioni e nel volo giornaliero, per emularne i movimenti quando poi era sul suo deltaplano.

Si lo dici anche nel pezzo. Sta cosa delle aquile è pazzesca. 

E’ vero. Oltre tutto allevò anche una serie di migratori sulle lunghe distanze.
Ti dirò, io non sono un grande amante del volo, però l’esperienza di volare con gli uccelli, vivere come vivono loro, librandosi nel vento, deve essere un esperienza veramente eccezionale.

Decisamente.
Come sempre hai raccontato svariate storie in questo disco, quella che mi è piaciuta di più è stata quella di Pampero.
Persona analfabeta che intraprende un istruzione grazie alla sua donna. 

Si, ne “La bella Creola”. Essa è ispirata ad un romanzo di Miguel Bonnefoy, uno scrittore molto giovane, Franco-Venezuelano: “Il Meraviglioso Viaggio di Octavio”. E’ stato un libro che mi ha colpito molto, soprattutto perché tratta molto dell’analfabetismo. Ho cercato di farne una versione delle mie, raccontando l’alfabetizzazione di Pampero riproponendo l’istruzione sotto forma di donna, mi sembrava suggestivo.

Si ma poi Pampero viene lasciato, perchè?

Eh (Ride). E’ vero che la ragazza lo lascia, ma lui è sereno. E’ sereno perché sa che è giusto che lei vada da altri, perché l’istruzione non è ad personam, ma è di tutti.

Altro tema trattato è quello dei matrimoni di convenienza, in “Dafne sa contare”.

Si, in quella c’è anche Dia che mi fa dei cori notevoli (Ride).
Questo testo descrive i matrimoni coatti, una realtà molto diffusa ma poco comunicata. Questo è un’ fenomeno che apparteneva anche all’Italia fino agli anni 50, ma a dire il vero esiste tutt’ora ed io ho avuto modo di conoscere dei casi nella mia scuola e di approfondire l’argomento.

Che poi ha più o meno lo stesso schema narrativo de “I marinai tornano tardi”. 
Alla fine ci rimani malissimo per la morte del personaggio. 

Eh hai ragione. Però devo dire una cosa, mi sono sforzato di tenere in vita quanti più personaggi possibile. Logicamente un testo drammatico prende molto di più di un testo con il lieto fine, però mi sembrava anche giusto dare un po’di speranza (Ride).

Immagino tu abbia ragione. 
Altra storia importante è quella di “Linee di Libeccio”.
Che tratta il fenomeno delle tante donne, soprattutto Napoletane, ingannate dai soldati Americani alla fine della II Guerra Mondiale, i quali promettevano di portarle in un nuovo mondo, per poi lasciarle sole e completamente abbandonate.

Trovai un saggio molto interessante e specifico sull’argomento. Perfetto per immedesimarmi nella parte, visto che era anche ricco di foto e documentazioni. Logicamente prima di canzoni del genere, soprattutto prima di pezzi che hanno riferimenti storici così accentuati, ho bisogno di documentarmi, perché devo entrare nel contesto per riuscire a ricrearlo in un pezzo. Devo creare praticamente un piccolo viaggio nel tempo, è anche questa la cosa bella di queste canzoni. E nulla, informatomi sul fenomeno ho appreso tutte le dichiarazioni di queste ragazze, venivano chiamate “Le Spose di Guerra”, e ne ho tratto questa storia qua, prendendo spunto da varie biografie.
Consideriamo che le ragazze che seguirono questi Americani oltre oceano furono tante. Questo è ovvio, pensa che gli Stati Uniti parteciparono al conflitto ma mantennero il territorio intatto, quindi nonostante la crisi economica si guardava veramente all’America come ad un “El Dorado”. Poi bisogna anche pensare al fatto che tutto ciò arrivava in Italia anche attraverso una certa forma di comunicazione. Tutto questo lo rese un fenomeno decisamente importante.

Sicuramente. Infine abbiamo “Grecale”, il singolo che anticipa l’album. In essa c’è anche un campionamento di “River Flows in you”, uno dei pezzi più rappresentativi della musica classica contemporanea.
Avete composto una cosa molto alla Nas in “I can”.

Si più o meno (Ride).
No vabbe, in realtà abbiamo risuonato il pezzo, però il riferimento è sicuramente quello di Yiruma.
Il beat lo ha fatto Fila, che volevo ringraziare perché è un produttore che a me piace molto. Pensa che io avevo già scritto “Grecale” su un altra strumentale, ma l’ho voluta riadattare perché questa base mi aveva colpito. Il risultato mi soddisfa parecchio, anche perché è un brano molto orecchiabile ma che non mi sembra per niente commerciale. Ho cercato di mantenere una certa sobrietà nel testo.

Che poi la storia anche questa volta è molto particolare.

Si una storia vera soprattutto, una testimonianza che ho letto in un libro di “auto-aiuto”. Giulia come avete capito è una ballerina non vedente che ha passato una storia incredibile, che mi è piaciuto molto riproporre.

Immagino, deve essere formativo riscrivere e far rivivere certe vicende. 
Adesso, però, parliamo dei featuring. Insieme a quelli della tua crew ritroviamo in questo disco alcune delle penne migliori della nazione, anche se siete molto diversi gli uni dagli altri. 

Esatto, è proprio quello che cercavo di fare. Ciononostante abbiamo anche altre grandi penne in Italia che non sono presenti ne “L’uomo che viaggiava nel tempo”, uno fra tutti Claver Gold.
Comunque ho cercato gli esponenti della scrittura di qualità in Italia, per mandare un messaggio. Volevo comunicare, soprattutto alle giovani generazioni, che è possibile dare luogo ad una scrittura diversa, non esistono solo certi modelli classici di scrittura del rap, anche se quelli vanno benissimo eh, non è che sono il male. Semplicemente penso che possano esserci più variabili.

Si, però oggi le nuove generazioni si avviano verso modelli un po’diversi dai tuoi. 

E’ vero, però non tutti fanno trap. Poi vabbe, ognuno ha la sua idea sulla trap, a me logicamente piacciono cose più classiche. Comunque nell’underground sento tantissimi ragazzini che vanno in direzioni diverse da quella che è la tendenza principale. Questa cosa continua. Tra le tante nuove leve che apprezzo parecchio c’è sicuramente Carlo Corallo di Ragusa.

Si in effetti hai ragione, ma è questo che intendi quando dici che un altro rap è possibile? 

No, lì intendo ancora una altra cosa. Non parlo di scrittura, parlo di messaggio, di argomenti.
Mi sono reso conto che la maggior parte della scena nazionale, sia Mainstream che Underground, vive di stereotipi e scrive i testi sempre su 4 massimo 5 argomenti, che sono nel DNA del genere, perciò per carità, vanno benissimo. Ciononostante penso siano troppo ridondanti, saturano questa musica. “Un altro rap è possibile” perché è possibile creare un rap che spacchi di più a livello contenutistico. C’è bisogno di ricerca e di ricercatezza, non di superficialità.

Ultima domanda, domani (oggi per voi che leggete) esce il disco, come ti senti? 

Eh sono molto contento. La gente sembra aver apprezzato Grecale e quello che ha sentito in streaming.
Ho molte date nel futuro prossimo, mi ha chiamato molta gente, sono davvero soddisfatto.
Ciononostante adesso sto lavorando moltissimo, perciò mi sa che ci metterò un bel po’per tornare a scrivere del rap.

E per noi questo è un dispiacere ma è un piacere che tu sia felice. Ti auguriamo tutto il bene per “L’uomo che viaggiava nel vento”. 

Grazie mille ragazzi, statemi bene.

 


Ecco a voi le prossime date in cui troverete Murubutu in concerto:
Lucca – Bordalfest – 31/10/16
Cremona – C.S.A. Dordoni – 19/11/16
Firenze – C.P.A. – 26/11/16
Bologna – Arena 051 – 10/12/16
Pesaro – Stazione Gauss con Claver Gold – 23/12/16
Milano – Zam – 14/01/17
Trento – Bookique Trento – 04/02/17
Giavera del Montello (Treviso) – Benicio live gigs – 11/02/17

 

 

 

 




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