Hiphopmn
Zatarra – Intervista

05 Zatarra (foto di Velvet Photographer WEB)(1)

01) Ciao Zatarra, benvenuto su Hiphopmn!
‘Ad libitum’ è un titolo latino; hai scelto questa espressione solo per il suo significato o anche perché il latino è la lingua madre del francese e l’italiano?

Ciao a voi di Hiphopmn e ai vostri lettori, grazie per lo spazio. Noto con piacere che hai azzeccato entrambe le accezioni dell’idea di titolo. Il primo, e cioè quello strettamente legato al significato latino di “a piacere, all’infinito” è perché ho dato veramente tutto scrivendo questo disco dopo tre anni e mezzo di silenzio, e dentro ci trovate tutto ciò che mi porterei (e porterò) all’infinito con me: parole, suoni, citazioni, amici/featurers.
Il secondo significato invece è più tecnico, e legato ai contenuti, riproposti naturalmente nel set live acustico (con i Buen Retiro): il Mediterraneo, i suoi colori, la sua cultura, il suo mélange, la madre (intesa nel genere femminile di “mare” in francese, “la” mer, e giocando con la stessa pronuncia di mamma in francese, “mère”) di tutti noi, rappresentante un punto fermo nella mia vita. Ad Libitum.

02) Nel disco è ben presente la tua posizione sulla società e la tua visione del mondo. Qualcuno potrebbe dirti che sei un complottista. Ti senti vicino a questa parola o credi che alcuni fatti che accadono oggi siano semplicemente frutto di evidenti scelte prese da terzi? 

Gombloddo!!! Looooooool Come direbbe il vecchio Guzzanti del “Pippo Chennedy Show”: la seconda che hai detto. Certe considerazioni sulla “gente” le ritroverai all’ultima risposta, per quel che riguarda invece chi “sceglie” anche per altri non uso rispetto. La responsabilità di certe azioni, purtroppo, ricadrà sui nostri figli, sui nostri nipoti, ancor più che su di noi, e questa cosa mi fa adirare ancora di più. Tuttavia, come hai sentito, rispetto al passato, ho limitato lo Zatarra “Barricadero” e “Pirata”, anche perché non sarebbe lo specchio di quello che sono attualmente. La mia scala di priorità si è modificata con il tempo, e il #presobenismo ha preso il sopravvento, giustamente. È la mia corazza contro tutto e tutti, e intendo metterci più amici possibile, oltre alla famiglia: vi proteggo io, anche quando non ci sarò più. Ad Libitum.

03) Parlando di scrittura, è il francese o l’italiano a influenzare di più il tuo rap?

Scrivo e ho scritto non decidendo a priori la lingua. Prima costruiamo la strumentale con i vari amici beatmaker, dopo, penna in mano (e non davanti a una tastiera, non so se ci riuscirò un giorno), vado di istinto. Perché alla fine il francese, o meglio la “calata” marsigliese, è e sarà parte di me, una parte fondamentale. Ad Libitum.

04) E parlando di flow, secondo te, qual è la lingua che valorizza di più il tuo?

Collegandomi alla precedente termino il discorso dicendoti che forse è proprio questo flow francofono (es: gli accenti spostati sull’ultima sillaba) con pronuncia italiana che incuriosisce l’ascoltatore. O, à l’envers, le parole in italiano su di un flow strutturato alla francese.
A piacere vostro. Ad Libitum.

05) Ad libitum è un disco dove ti racconti molto, ma se dovessi scegliere la rima che più ti rappresenta, quale sarebbe ma soprattutto perché?

Queste sono le domande che un utopista cronico come me preferisce! Te ne cito tre. Da “Partout”: sono uno tra i tanti ma non uno dei tanti affranti/per me zero rimpianti, rimo a capo e vado avanti. Perché non sono (mai stato) nessuno, ma ho una mia etica artistica, e la difendo col coltello tra i denti.
Da “Me(diterraneo)”: cullami tra le onde di Maestrale/fino all’ultimo respiro il naufragar m’è dolce in questo mare. Non per questioni leopardiane, ma perché, come ho già detto, Zatarra non prescinde dal Mediterraneo, che, in questo pezzo, è parafrasato con l’altro me (perciò Me(diterraneo)).
Ma più di queste prime due, mi rappresenta questa di “Le Petit Prince”, che tra l’altro ho inserito anche in uno dei due modelli di t-shirt del merchandising (Che potete trovare QUI): l’uomo forte soffre senza lagnarsi, l’uomo debole si lagna senza soffrire (un bimbo non può preoccuparsi se ha paura prova solo a non subire). Credo non ci sia da aggiungere altro, questo sono e sarò io. Ad Libitum.

06) Parliamo adesso de ‘Lo StRAPpo’, un laboratorio hiphop che hai gestito. Com’è nata l’idea? Che aria si respira lì?

Lo StRAPpo nacque come idea a fine 2011, dopo le varie esperienze di atelier marsigliesi e laboratori una tantum in giro per l’Italia di spalla ad Amir. Fu una conseguenza naturale delle sollecitazioni ricevute da giovani e/o aspiranti MC di Siena e provincia che, più o meno direttamente, chiedevano spazio, necessitavano di far parte di un gruppo e di avere un capobranco. Adesso siamo al “terzo giro” di StRAPpo, con un numero minore di partecipanti, ma molto più uniti e concentrati sul vero senso di “vivere l’Hip-Hop” (nel 2012 arrivammo a essere circa 40!). La gestione è totalmente autonoma, siamo passati da un ex magazzino a un garage, a una stanza di appartamento alla strada, nessuno ci ha mai regalato niente. Continuerò sempre a sostenere quanto sia importante “divulgare il verbo” in maniera positiva e reale oltre che a “passare la mano” ai più giovani: solo così l’hip-hop vivrà in eterno. Ad Libitum.

07) C’è un messaggio che vuoi lasciare a chi sta leggendo? 

Sì, un flash di ciò che dico sempre al microfono durante i live: non fermatevi alle apparenze e liberatevi da remore inutili, siate curiosi e istintivi come bambini, credete in quello che fate con determinazione e costanza, e fatelo sempre per uno scopo, vivete e non lasciatevi vivere, ridete almeno una volta al giorno davanti allo specchio e fatevela prendere bene. Ad Libitum.




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