L’associazione TESLA di Molfetta ha avuto recentemente dei problemi burocratici, andando addirittura a minacciare il proseguimento della loro avventura come associazione culturale.
Ricordiamo che molte realtà pugliesi sono legate al TESLA anche grazie alle serate e i numerosi contest di freestyle, e infatti si sta parlando di una raccolta fondi per cercare di far fronte ai problemi emersi, e per quanto possibile noi di Hiphopmn vogliamo rendervi partecipi di questa storia.
Di seguito il comunicato stampa dell’associazione:
“UNA MULTA DI STRAORDINARIA FOLLIA
Molti ci chiedono cosa sia successo quella sera, altri ci chiedono il motivo, altri ancora non conoscono nulla dell’avvenuto.
Con questa comunicazione vorremmo fare un po’ di chiarezza, perché la nostra Associazione è di tutti voi che la frequentate, ed è giusto che sappiate.
Era il 16 gennaio, intorno all’una di notte. Anche quella sera avevamo deciso di dar spazio, nella nostra sede, ad un artista. Per la precisione, si trattava di un live-set di musica elettronica, con materiale autoprodotto. La serata (svolta con volumi controllati e volutamente bassi) volgeva al termine, e in sede erano rimaste ben poche persone con cui si dialogava e si condividevano una birra e stralci di vita.
Fin qui tutto normale, nessuna lamentela, nessun “ABBASSATE IL VOLUME CHE DOBBIAMO DORMIRE!”, nessuna minaccia (ed effettivamente non ve ne era motivo).
D’improvviso, ben tre volanti con sei carabinieri a bordo arrivano per un controllo e sconvolgono l’atmosfera.
La prima cosa che ci sorprende è il numero di agenti e il loro grado (addirittura il Maresciallo). Non era il solito controllo, era qualcosa di più. Entrano in associazione, chiedono foto, documenti, prendono nota dei presenti, controllano i tesserati, ispezionano tutta la struttura:
“Maresciallo, qual è il problema?”
“Qui non avete i permessi, è tutto irregolare. Non potete somministrare, mancano i “divieto di fumo”. Loro sono tutti tesserati? Documenti prego. Ci dia lo statuto, il registro dei tesserati. E’ da tempo che siete segnalati e stiamo facendo un controllo”.
Va bene, controllate pure.
SEI agenti, incluso il Maresciallo, per un semplice controllo.
Non lo era.
Firmiamo il verbale con le contestazioni e con non poca preoccupazione andiamo a casa, rimandando il problema alla mattina successiva.
Chiamiamo l’avvocato, gli spieghiamo la situazione e ci rechiamo in caserma. Parliamo con il Maresciallo che ci continua a dire che era un semplice controllo e che secondo lui mancavano i permessi. Va bene. Diamo tutta la nostra disponibilità per rimediare. In fondo, è in primis nostra premura voler essere a norma di legge . Ci accordiamo per ri-aggiornarci dopo qualche giorno, il tempo di chiarirci le idee (sia le nostre che quelle del Maresciallo), capire quali permessi mancassero e trovare una soluzione.
Dopo due giorni, la chiamata dalla Centrale:
“Pronto, presidente? Ci sono delle notifiche da ritirare.” Andiamo a ritirarle.
Tre notifiche (multe, per chi come noi, non sapesse).
Prima: Mancanza di Piano Aziendale di Autocontrollo (H.A.C.C.P.) di € 2.000;
Seconda: Mancanza di Autorizzazione Amministrativa per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande/S.C.I.A. di € 5.000;
Terza: Mancanza di segnaletica per il divieto di fumo di € 440.
Sbalorditi, increduli, ci allarmiamo, chiediamo aiuto, cerchiamo di capire. Andiamo avanti e indietro; uffici, porte, scale , ancora uffici, niente. Gli stessi operatori pubblici non sanno fornire una risposta esaustiva sul momento. Ancora oggi, non abbiamo ben compreso se queste autorizzazioni servano effettivamente per dare una birra allo scopo di autofinanziarsi , senza alcuno scopo di lucro, tra persone tesserate e quindi, in un luogo che non è propriamente “pubblico”. E neanche le forze dell’ordine, che negli anni sono venute da noi, hanno mai rivendicato documenti di questo tipo.
Era davvero necessario colpire così forte? Rincarare la dose e arricchire i verbali di inesattezze?
Ci eravamo messi a disposizione per collaborare e rimediare, ma evidentemente questo non è bastato, anzi. Una volta tanto, la burocrazia è stata velocissima e adesso tocca a noi.
Questi sono i fatti.
Settemilacinquecento euro di multa. In pratica una condanna a morte per un’associazione culturale giovanile, che fatica a pagare l’affitto ogni mese.
Che sia chiaro: non contestiamo il controllo dei carabinieri, non stiamo dicendo che le mancanze riscontrate non siano effettivamente presenti. Stiamo contestando “la pena di morte” che ci è stata inflitta per un paio di permessi che, per nostra ignoranza (e perdonateci), non avevamo regolarizzato.
Credeteci quando diciamo che non lo sapevamo.
Il cartello del “Divieto di Fumo” lo abbiamo affisso il giorno dopo. Il costo dei cartelli è pari a pochi euro, un investimento che saremmo stati ben contenti di fare per evitare una penale pari a 450 euro. E ancora, il permesso che ci contestano lo avremmo richiesto se solo lo avessimo saputo, se solo ce lo avessero detto in tre anni di attività e durante gli svariati controlli. E’ palese che le normative sulle associazioni siano tutt’oggi poco chiare. In tre anni, queste cose non ci sono MAI state segnalate , tantomeno consigliate. E’ vero, la legge non ammette ignoranza, ma se quando parliamo con la legge, essa non ha alcun interesse a dirci di preciso di cosa abbiamo bisogno e/o fornisce risposte poco chiare se interpellata, i colpevoli non siamo solo noi.
Allora le domande sono: Perché ora? Perché con questa forza? Perché con questa velocità d’azione? E’ stato un semplice controllo o qualcosa in più?
Questi sono i fatti, T.eS.L.A. non si arrende.
Contesteremo fino all’ultimo giorno e se c’è da pagare pagheremo. Ma non vogliamo chiudere.
Per fare ciò abbiamo bisogno di tutto il vostro aiuto.
Ed è per questo che stiamo organizzando un evento di raccolta fondi. Ma questa è un’altra storia e presto vi daremo tutte le informazioni utili.
Ci è sembrato giusto condividere ciò che ci è successo, perché consideriamo quelle due stanze non una nostra proprietà, ma uno “spazio” di tutta Molfetta. Sono tre anni che lavoriamo per fare cultura e dare spazio anche a chi non ne ha e vogliamo continuare a farlo.
Sappiamo che è difficile; abbiamo acceso una luce in un quartiere che qualcuno vuole abbandonare a se stesso, al buio, per nascondere ciò che conviene mantenere nell’ombra.
Per ora, chi doveva vedere, controllare, ha visto solo i nostri permessi mancanti. Riuscirà a vedere anche tutto il resto? O la cultura è più pericolosa della criminalità?
Noi la luce non la spegniamo. T.eS.L.A. rimane accesa.”